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Uno come Cristiano Ronaldo farebbe la fortuna di Oscar Wilde. E d’altra parte, se potesse, l’attaccante portoghese pagherebbe qualunque cifra per trasformarsi in Dorian Grey
O meglio, per acquistare un ritratto capace di invecchiare al posto suo. A 39 anni compiuti e vagonate di gol messe a referto tra Premier, Liga, Serie A, Champions League, Mondiali ed Europei, CR7 ha scelto la strada più facile per restare vivo: il buen ritiro del calcio Arabo.
L’ultima bravata è arriavata nella semifinale di Supercoppa saudita, quando nel finale della partita presa 2-1 contro l’Al-Hilal ha prima scalciato un avversario, poi ha alzato il gomito per colpirlo e quando l’arbitro ha estratto il cartellino rosso ha minacciato pure lui alzando il pugno nel momento in cui il direttore di gara si è girato di spalle. Colpi di testa ben differenti rispetto a quelli che tutti eravamo abituati a vedergli fare nelle aree di rigore di mezzo mondo, quando spiccava il volo e non lo prendeva più nessuno. Non avrà una ruga, il suo look sarà sempre impeccabile e non si perderà una seduta di crioterapia per tenere in formissima il suo corpo da cyborg, ma se questo è il modello del calciatore moderno che i ragazzi devono prendere ad esempio, c’è ancora molto da lavorare. Ronaldo non sa perdere, in campo e fuori.
Non accetta la sconfitta, di qualunque natura essa sia. Per questo motivo si “imbruttisce”, si “trasforma” e alla fine l’evoluzione diventa involuzione. Mentre il suo nemico giurato (Messi) diverte e si diverte sotto le palme di Miami in Mls, CR7 si intristisce e si sta pian piano sciogliendo nel deserto saudita, lì dove il suo harem è formato più da heater che da follower. Il tentativo di restare giovane, bello e vincente in un calcio che non è calcio si sta trasformando nel lento (nemmeno tanto) declino di un superuomo che si è riscoperto fragile, fallibile, addirittura perdente. Prima rideva poco, ora non ride proprio. Alla faccia dell’uomo immagine del campionato arabo che avevano immaginato gli sceicchi. Quello sbarcato a Riad altro non è che la brutta copia del campione che fu, oramai passato remoto. Μa una cosa è certa: se mai si imbattesse in un chiodo che spunta da una parete ci appenderebbe un ritratto (per vederlo invecchiare al posto suo) piuttosto che un paio di scarpette seppur fin troppo usate e usurate.
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