Serve un asse tra la Puglia e la Campania

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I risultati elettorali hanno consegnato un notevole potere politico ai presidenti di Regione che sono stati eletti. Nel quadro di una buona partecipazione, essi hanno vinto con margini molto ampi, in alcuni casi amplissimi.


Le loro liste elettorali di sostegno diretto hanno ottenuto anch’esse risultati eccellenti. Sono certamente destinati a giocare un ruolo importante nella politica italiana, e non solo a livello regionale.

Come utilizzeranno i presidenti di regione questo potere?

Un primo, fondamentale, banco di prova sarà la definizione del Piano di Rilancio a valere sui fondi messi a disposizione dall’Unione europea. È bene ricordarlo: si tratta di gran lunga del tema principale che dovrebbe impegnare la politica italiana; di decisioni rilevantissime, destinate a influenzare l’economia e la società italiane per il prossimo decennio. Alle scelte e ai contenuti del Piano di Rilancio sono affidate le speranze di una ripresa economica ben più solida dell’andamento pre-crisi, capace di assorbire l’ampia disoccupazione che pre-esisteva, che si è creata e che si potrebbe creare nei prossimi mesi; contribuendo alla coesione sociale del paese. Ma anche di disegnare progressivamente un diverso modello di sviluppo del paese, non solo più sostenibile ecologicamente ma anche centrato sull’innovazione, per rilanciare quella produttività che è da tempo stagnante. Sono all’orizzonte delle prossime settimane decisioni difficili: per la necessaria concentrazione delle risorse su grandi obiettivi; per la scelta di progetti coerenti e fattibili; per un’attuazione rapida, in grado di rispettare gli impegni con i partner europei e di produrre risultati tangibili per i cittadini e le imprese, in grado di nutrire fiducia.

Nelle discussioni sul Piano ciascun Presidente sosterrà naturalmente gli interessi del proprio territorio. E’ giusto e normale che sia così. Ed è assai opportuno, in particolare, che il Piano destini alle aree più deboli del paese, a cominciare dalle due maggiori regioni del Sud continentale con i presidenti appena riconfermati, risorse davvero cospicue. Da questo punto di vista ci si aspetta che i Presidenti di Campania e Puglia sostengano insieme una grande battaglia politica affinché il riequilibro territoriale, come già indicato dal Governo, sia davvero un asse portante del Piano di Rilancio e delle scelte dei prossimi anni. Sarebbe molto positivo se trovassero tempo e modo di parlarsi o di incontrarsi per sancire questo intento comune. 

Ma si profilano due scelte, a cui i Presidenti saranno di fronte già dai prossimi giorni. Fare gli interessi del proprio territorio non coincide con il richiedere per la propria amministrazione la gestione di una fetta delle risorse. Gli aspetti attuativi del Piano di Rilancio, e soprattutto l’eventuale ruolo delle Regioni, sono ancora oscuri; ma è essenziale che le risorse siano indirizzate e gestite nella maniera più efficiente possibile. Grandi programmi nazionali – ad esempio di rafforzamento strutturale e potenziamento funzionale delle scuole – possono produrre risultati molto positivi anche senza l’intermediazione regionale. Progetti di intervento nelle città (per la mobilità, per la riorganizzazione dei tempi di vita e di lavoro, per l’inclusione e l’innovazione sociale, per il rafforzamento dei sistemi territoriali di welfare) possono essere affidati direttamente alle amministrazioni comunali, con la fondamentale collaborazione del Terzo Settore. Insomma ai Presidenti si chiede lungimiranza: collaborare alla definizione del Piano di Rilancio, mettere in luce le specificità dei propri territori, ma anche sostenere gli interessi dei propri cittadini prima e assai più di quelli delle proprie amministrazioni. Non chiedere risorse per sé, ma sostenere gli interessi dei propri cittadini e delle proprie imprese.

Questo, soprattutto alla luce della seconda grande scelta che essi si troveranno ad affrontare. Importante per tutti, ma decisiva per Campania e Puglia. Entro dicembre le Regioni sono chiamate a presentare a Bruxelles i nuovi documenti di programmazione per i Fondi Strutturali 2021-27. Politiche e risorse, ricordiamolo, che si aggiungono a quelle del Piano di Rilancio. Anche in questo caso ai Presidente si chiede lungimiranza. Non potrà che essere una programmazione assai diversa da quelle precedenti. Per il fatto oggettivo che l’Italia è ad un tornante straordinariamente impegnativo della sua storia. Perché essa dovrà integrarsi al meglio proprio con il Piano di Rilancio: e quindi evitare sovrapposizioni e duplicazioni; inserire invece interventi complementari, che ne amplino o nel prolunghino nel tempo gli impatti positivi. E per la circostanza che occorre davvero fare tesoro dei problemi che da tempo appaiono evidenti: i programmi operativi regionali sono troppo ampi come terreni di intervento e allo stesso tempo troppo frammentati in tante misure; con conseguenti rilevanti ritardi nella spesa. Le nuove giunte saranno quindi chiamate a disegnare, molto di più che in passato, scenari nuovi ma credibili per lo sviluppo delle proprie regioni; ad individuare priorità su cui concentrare le forze e le capacità (non infinite) delle proprie amministrazioni; a collaborare lealmente con il governo nazionale e gli enti locali. Non sovrapporsi e litigare per le competenze, ma integrarsi al meglio; e quindi con l’azione degli uni rafforzare l’azione degli altri. 


Tanto potere, ottenuto dai cittadini, e tanto onore. Ma anche tante responsabilità, in parte nuove, certamente difficili.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino