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L’ok dei vertici era indispensabile anche per selezionare i pusher, nessuno poteva vendere droga senza il consenso dei boss e ai tossicodipendenti questa possibilità era concessa solo in tempi di faide. Agli spacciatori veniva garantita una paga da 75 euro al giorno, stipendi da 1000 a 3000 euro mensili per chi invece era inserito nelle fasce più alte dell’organigramma del clan. Il Lotto G, conquistato dopo scontri armati con altri gruppi, era protetto da sistemi di videosorveglianza realizzati da fabbri e tecnici di fiducia del clan. Una campanella di metallo, azionabile con un telecomando in dotazione a ogni paranza di spacciatori, serviva a segnalare la presenza di forze dell’ordine. E poi parrucche da donna per i travestimenti dei killer, tatuaggi con disegni, sigle o nomi per evidenziare l’appartenenza a una organizzazione (una corona e la sigla «Ap» per i fedelissimi degli Amato-Pagano, una pistola per affiliati alla Vanella) e sentinelle armate a difendere il Lotto G da incursioni di affiliati ai gruppi contrapposti che a loro volta spiavano i movimenti degli avversari a distanza, con binocoli che registravano tutto su dispositivi informatici, dagli ultimi piani di edifici nella vicina zona dei Sette Palazzi.
È la storia più recente della camorra di Scampia, svelata dall’indagine dell’Antimafia che ieri ha portato all’arresto di 14 tra capi e gregari della Nuova Vanella Grassi, il gruppo che negli ultimi due anni si è imposto sulla scena criminale. Intercettazioni telefoniche e ambientali e rivelazioni di collaboratori di giustizia sono al cuore dell’inchiesta coordinata dal pm Maurizio De Marco del pool guidato dall’aggiunto Filippo Beatrice e condotta dai carabinieri della compagnia Vomero agli ordini del capitano Giovanni Ruggiu. I provvedimenti di custodia cautelare, firmati dal gip Nicola Quatrano, hanno portato in carcere Ciro Barretta, per gli inquirenti il responsabile degli affari del clan al Lotto G: lì, circa un anno fa, fu sorpreso a occupare abusivamente un appartamento popolare assegnato a un’altra famiglia, da allora era tornato alla Vanella dove ieri all’alba i carabinieri lo hanno arrestato, scovandolo in una casa attigua in cui era entrato dalla finestra dopo un estremo e rischioso (era al quarto piano) tentativo di fuga. Arresto anche per Espedito Abate, dalle indagini colui che gestiva la cassa del clan per il pagamento, a partire dal novembre 2012, degli stipendi agli affiliati e il mantenimento dei detenuti; Gennaro Abbatiello, Antonio Avallone, Nicola Capasso, Gaetano Castelnuovo, Salvatore Esposito, Gennaro Magelli, Carmine Pocci e Pietro Polverino, indicati tra le sentinelle armate; Antonio Lucarelli, con il ruolo di custodire i soldi da destinare agli stipendi per gli affiliati; Giuseppe Gervasio e Bruno Perrella, indagati come gestori delle basi di spaccio incaricati dell’approvvigionamento e della “cassa comune”; Adriano Selva, accusato di aver gestito lo spaccio alla Vela Celeste per conto dei Leonardi in affari con quelli della Vanella.
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Il Mattino