Non ebbe alcuna esitazione a premere il grilletto e ad uccidere un ragazzo con la tuta da lavoro addosso, con le mani sporche di grasso dell’officina meccanica in cui...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
LA FAIDA
Ed è grazie a questo scenario che è possibile ricostruire la brutalità del delitto Galletta. Siamo tra giugno e luglio di tre anni fa, il centro storico cittadino è una polveriera. Stese, agguati, omicidi. I Sibillo provano il tutto per tutto e fanno due incursioni in via Oronzio Costa, roccaforte del clan Buonerba. In una di queste «stese» viene colpito alle spalle Emanuele Sibillo, il leader, l’inventore della «paranza dei bimbi», il boss emergente che aspirava a controllare il feudo che fu dei Giuliano. Colpito alle spalle, Emanuele Sibillo muore in ospedale, al Loreto mare. Pochi giorni dopo quelli della paranza subiscono un altro colpo durissimo per i loro equilibri interni, con l’omicidio di D’Alpino, organizzato e messo a segno ancora una volta dai Buonerba. È troppo. La paranza deve reagire e lo fa nel peggiore dei modi. Vengono a sapere che lì a Forcella c’è un parente - anche se alla lontana - di uno dei killer di fiducia dei Buonerba e mettono a segno un piano all’insegna della cieca vendetta. Luigi Galletta viene interrogato, da lui vogliono sapere se è a conoscenza del covo del parente scomodo. Un’alzata di spalle, risposte a senso unico, da parte del meccanico: «Lavoro dieci ore al giorno in questa officina, certe cose non le conosco». E giù botte. Un calcio della pistola in faccia, Luigi Galletta torna a casa con il volto tumefatto e ai genitori si limita a dire che è caduto da uno scooter durante il lavoro. Poche ore dopo, il «nannone» torna alla carica: questa volta entra in officina, punta l’arma e fa fuoco. Omicidio a sangue freddo, con l’aggravante del fine mafioso, scatta la condanna a 18 anni. Ora la parola tocca alla difesa: sarà il penalista napoletano Riccardo Ferone a proporre appello, per ribaltare il verdetto firmato la scorsa mattina dal giudice Avallone.
LA DISCOTECA
Non è l’unica vicenda criminale che viene mossa al «nannone». Prima di essere arrestato, A.N. fu immortalato dalle telecamere esterne a una discoteca di Pozzuoli, mentre faceva fuoco contro le vetrine del locale, al termine di una rissa nella quale aveva avuto la peggio. Armi e sangue, nella vita di chi - secondo la sentenza del Tribunale dei Minori - non ha avuto esitazione ad uccidere a sangue freddo chi aveva un solo sogno: lavorare dieci ore al giorno per permettersi una vacanza al mare. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino