Virus e clima, si va verso una economia e una città circolare?

Virus e clima, si va verso una economia e una città circolare?
La pandemia da Coronavirus sta letteralmente sconvolgendo consolidate abitudini, comportamenti e relazioni sociali. Infatti, la necessità di limitare il contagio ha indotto...

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La pandemia da Coronavirus sta letteralmente sconvolgendo consolidate abitudini, comportamenti e relazioni sociali. Infatti, la necessità di limitare il contagio ha indotto le autorità pubbliche ad applicare la prassi dell’isolamento sociale preventivo e a interrompere le attività produttive così da modificare il modo di essere e vivere nelle città. Le città con le piazze, le vie e gli spazi pubblici così “vuote” contraddicono clamorosamente la loro stessa essenza: il progetto dell’uomo di vivere e lavorare insieme con gli altri. Nel contempo, la chiusura delle attività produttive ha fortemente inciso sul sistema lavorativo, economico e finanziario.


Che fare? Non solo quando, ma come ne usciamo?
La pandemia ha messo in evidenza la scarsa resilienza che caratterizza la nostra struttura organizzativa complessiva e forse proprio delle aree economicamente più ricche. Più in generale ha mostrato la scarsa resilienza di un modello economico globalizzato fondato sulla de-localizzazione delle attività, rispetto ad un modello più ri-territorializzato nello spazio geografico. La resilienza, pre-condizione per un qualunque sviluppo, è stata purtroppo oggetto solo di riflessioni accademiche e non di politiche pubbliche. Eppure si esce dalla crisi se si è o si diventa resilienti.

La crisi da Covid-19 è solo un’anticipazione di quello che potrà accadere se non si diventa più resilienti. La pandemia attuale infatti ci sta mostrando i potenziali effetti di un’altra imminente crisi, quella conseguente al cambiamento climatico.

Il Covid-19 e il cambiamento climatico palesano le criticità della nostra attuale organizzazione sotto la pressione di impatti multidimensionali ed interattivi, che richiedono un approccio che sia a sua volta sistemico. Infatti, occorre riconoscere che le interdipendenze tra cambiamento climatico, salute e pandemia sono numerose. Basti pensare che le conseguenze stesse della pandemia sono accentuate dagli effetti del cambiamento climatico. Ad esempio, l’inquinamento dell’aria, fortemente accentuato dalle conseguenze del cambiamento climatico, incide in modo negativo sulla salute dell’uomo.

Noi vogliamo sottolineare che la prospettiva per un qualunque possibile piano di azione per uscire dalla attuale crisi da Covid-19 è quella del cambiamento climatico. Questa è la più grande minaccia del nostro tempo. Occorre quindi muoversi verso la decarbonizzazione, con minori emissioni climalteranti. La velocità del cambiamento climatico appare sempre maggiore, mentre la velocità di una nostra risposta appare sempre più lenta ed inefficace. Il cambiamento climatico ha degli impatti sull’ambiente e sugli ecosistemi naturali, sull’economia e sulla finanza. Tuttavia, ha impatti molto forti anche sulla salute e sulla percezione di benessere da parte delle persone. 
Le misure adottate contro il Covid-19 fanno bene a quanti (tanti!) sono in difficoltà e anche al cambiamento climatico. Il problema è che i provvedimenti presi fanno male all’economia se non sono rigorosamente inquadrati in una prospettiva coerente ossia nel modello economico circolare.

Quali proposte?
Prima di rispondere occorre sottolineare che non sarà possibile, né auspicabile, «tornare indietro» ma occorre «fare meglio» rispetto a quanto fatto finora. In questa fase il sistema economico va rilanciato in una prospettiva generale di “economia circolare”. Quest’ultima imita i processi metabolici della Terra, perfezionatisi nel corso di 3,8 miliardi di anni e che sono fonte di continua nuova vita. Infatti, l’economia circolare è un modello co-evolutivo tra economia della natura ed economia dell’uomo volta a ridurre i rifiuti e l’entropia. In particolare, l’economia circolare è economia delle relazioni e della cooperazione, sinergie e complementarità: essa produce evidenza empirica che cooperare è conveniente economicamente, ecologicamente e socialmente. Inoltre, l’economia circolare semplifica il trade-off tra esigenze economiche, ambientali e sociali così da allungare la vita utile dei beni e sollecitarne la fruizione invece del loro possesso.

Il modello di economia circolare rappresenta l’acceleratore della transizione verso una riduzione e annullamento delle emissioni climalteranti. Quindi verso un ambiente più sano per la salute delle persone e degli ecosistemi naturali. Tutto ciò ridurrà anche il rischio di eventuali altre pandemie.

Il suddetto modello trova la sua attuazione nella città circolare dove si produce la maggior parte del PIL regionale e nazionale, si consuma la maggiore parte dell’energia disponibile e la maggior parte delle risorse naturali (circa il 75 %). Tuttavia, le città sono anche il luogo di massima produzione dei gas inquinanti e climalteranti. Sono i soggetti fondamentali da cui dipende la crisi ma anche per affrontare la crisi stessa conseguente alla scarsa resilienza.
E’ il momento che le istituzioni pubbliche nazionali assumano con decisione la prospettiva del cambiamento climatico come scenario generale in cui proporre i piani d’azione nei diversi settori per far fronte agli impatti da Covid-19. Questa prospettiva si muove nella direzione di aumentare la resilienza ambientale, economica, sociale e nello stesso tempo produce occupazione già nel breve termine.

Sui quasi 8000 comuni italiani, solo circa 200 hanno iniziato nel 2019 a introdurre piani di adattamento e di mitigazione. Con gli attuali tassi di interesse prossimi allo zero, occorre proporre una strategia di investimenti mirati evitando distribuzioni a pioggia che servono solo a ricostituire lo status quo ante Covid-19. Occorre concentrare gli investimenti in un sistema di infrastrutture materiali e immateriali nel campo delle energie rinnovabili, del recupero, rinnovo e riuso del patrimonio edilizio esistente, delle infrastrutture verdi e blu, della digitalizzazione, delle attrezzature per migliorare la salute e il benessere della popolazione. Questi investimenti devono chiudere i loop, restringendone la dimensione territoriale che oggi è globalizzata. 

Non c’è dunque un momento più propizio di questo per aumentare la resilienza nelle diverse dimensioni. In questo modo si evita la distribuzione a pioggia delle scarse risorse di cui si può disporre anche grazie al contributo dell’Unione Europea. Occorre selezionare ed introdurre criteri premianti.

In verità Covid-19 e cambiamento climatico stanno testimoniando entrambi la scarsa efficacia degli attuali sistemi di governo focalizzati sulle continue e quotidiane emergenze, senza una visione strategica e sistemica di medio-lungo periodo.


Perché la politica cambi e l’efficacia delle azioni migliori occorre che ogni città elabori altresì un piano strategico di tipo culturale: è necessario infatti un cambiamento di mentalità che va al di la degli strumenti normativi, economici, finanziari e fiscali per diventare effettivamente resilienti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino