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Giovani e pensionati, donne e operai. Giorgia Meloni non ne ha mai fatto un mistero: FdI doveva diventare un vero partito nazionale. L’obiettivo, a leggere i flussi elettorali all’indomani del voto, è stato raggiunto. Quel 26% che domenica notte ha fatto sobbalzare i conservatori riuniti all’Hotel Parco dei Principi a Roma non dà il giusto polso dell’ondata meloniana nello Stivale. Trasversale, come non se ne vedevano da tempo, riconosce il sondaggista Antonio Noto.
«È un partito votato da operai e imprenditori, non targettizzato, è riuscito ad aggregare consenso in tutte le categorie». E i numeri parlano da soli. Uno su tutti? Il consenso del popolo operaio, che incorona Giorgia al primo posto con il 30%, ben al di sopra della media nazionale. E della compagine del Pd, che nelle fabbriche ottiene solo il 13,4%, terza dietro al Movimento 5 Stelle al 18,8%. L’Italia s’è destra anche nelle ex enclavi rosse. Che rosse, spiega in realtà Noto, non sono da un pezzo. «È un pubblico che ha abbandonato da almeno un decennio la sinistra. Negli anni scorsi ha guardato a Lega e M5S, oggi si è rivolto in massa a FdI». Occhio però, «è un consenso volatile, poco ideologico», avvisa. E dunque «disposto a cambiare appartenenza, se non c’è un ritorno che migliori la loro condizione». Fatto sta che - questo il responso dei dati - il voto di domenica infrange un tabù dopo l’altro.
«La prima candidatura di una donna alla premiership del Paese può avere influito», aggiunge Noto. Poi c’è la geografia. E a scorrere la mappa i flussi di voto confermano un’estensione a macchia d’olio da Nord a Sud della corazzata meloniana. «Non succedeva da tempo che un partito ottenesse una crescita così consistente e così omogenea in Italia», osserva Livio Gigliuto, vicepresidente dell’Istituto Piepoli. «FdI è il primo partito in tutte le aree geografiche, tranne una, le isole», spiega. Qui, in Sardegna e Sicilia, è in testa Conte ma di una spanna, 0,1% secondo le cifre del sondaggista. «Con Renzi e Salvini alle Europee del 2014 e del 2019 abbiamo assistito a un consenso esplosivo che però si è sgonfiato presto», dice Gigliuti. Memo per la premier-in-pectore del centrodestra. Che però può contare su un dato rassicurante (un po’ meno per gli alleati). «Ci risulta che gran parte dei voti siano andati a FdI da elettori di centrodestra. Salvini tre anni fa ha strappato consensi anche a roccaforti della sinistra al Nord - nota l’analista - in questo caso, provenendo dalla stessa area, potrebbe dimostrarsi un voto meno volatile».
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