Quasi 150mila orangotanghi scomparsi. Un'ecatombe dalle proporzioni enormi. Succede in Borneo, isola del sud-est asiatico, la cui foresta pluviale è l'habitat...
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«Non ci saremmo mai aspettati delle perdite così gravi», commenta alla Bbc Serge Wich della Liverpool John Moores University, coinvolto nello studio. «Stanno scomparendo a un tasso allarmante», fa eco Emma Keller, del Wwf. La principale ragione di questa perdita, secondo gli scienziati, va ricercata nella deforestazione legata alla crescente domanda di olio di palma, all'estrazione di minerali e alla produzione di carta. Infatti, gli oranghi faticano a vivere al di fuori della foresta e il maggiore declino nella densità di popolazione è stato registrato nelle aree dove gli alberi sono scomparsi, o in quelle trasformate dall'industria agricola.
Ma non si tratta dell'unico motivo. Gli animali sono diminuiti anche nelle zone naturali rimaste intatte e questo per i ricercatori vuol dire una sola cosa: sono stati uccisi dall'uomo. Una tesi dimostrata anche da prove empiriche: «La scorsa settimana - prosegue Wich - abbiamo visto un orangotango con 130 pallini di piombo nel suo corpo. È stato scioccante, anche perché non sono pericolosi per gli esseri umani, al massimo ruberebbero della frutta».
Per arrivare a questo risultato gli studiosi hanno condotto indagini sul campo dal 1999 al 2015. Hanno prima impiegato degli elicotteri per mappare i rifugi degli orangotanghi tra gli alberi, catalogandone 36.555. Poi hanno stimato il numero medio di membri per ogni "casa" e contato quelle rimaste alla fine delle osservazioni. Il risultato? Una perdita massima che arriva fino a 148.500 esemplari. In pratica, quasi la metà della popolazione presente agli inizi dei rilevamenti nel 1999, che attualmente conterebbe 148mila membri. La ricerca fa anche una preoccupante predizione: un'ulteriore scomparsa di 45mila animali nei prossimi 35 anni.
Una strage che mette a rischio la sopravvivenza del primate del Borneo. Anche se c'è una buona notizia: secondo gli autori dello studio, è ancora possibile trovare una soluzione. Ma è necessaria, scrivono nel report, un'alleanza tra le compagnie di disboscamento e le industrie locali. E soprattutto una maggiore educazione della popolazione riguardo al problema. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino