Da 30 anni in catene in un centro commerciale: la gorilla Bua segregata in vetrina

Da 30 anni in catene in un centro commerciale: la gorilla Bua segregata in vetrina
Roba da esseri cosidetti umani: come si può pensare di prendere una cucciola di pochi giorni di gorilla, specie protetta, e costringerla a - per così dire -...

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Roba da esseri cosidetti umani: come si può pensare di prendere una cucciola di pochi giorni di gorilla, specie protetta, e costringerla a - per così dire - «vivere» in una sorta di vetrina al settimo piano di un centro commerciale di Bangkok per 30 lunghi interminabili e strazianti anni. Per lo più anche da sola?  


E' la terribile sorte riservata alla povera Buoa Noi, rinchiusa  in una gabbia al Pata Zoo: un posto assurdo nel quale sono segregati ed esposti al pubblico come merce  o poco meno, oranghi, scimpanzè, scimmie, leopardi e rettili: tutti sul tetto del complesso, accessibile grazie a un ascensore.

Per anni gli animalisti hanno provato a far chiudere lo Zoo e nel 2015 finalmente le autorità hanno riconosciuto la barbarie in cui venivano tenuti gli animali. Purtroppo, però, in Thailandia non esiste nessuna legislazione ufficiale per il benessere degli animali e quindi il futuro di questa povera gorilla è rimasto ancora incerto. All’inizio i giornali sostenevano che fosse stata spostata, ma quando su internet hanno iniziato a comparire foto di turisti indignati che mostravano la gorilla Bua Noi ancora intrappolata e triste nella sua gabbia nel centro commerciale, qualcosa ha iniziato a muoversi.

On line è iniziata a circolare una nuova petizione (poi scomparsa) per liberarla dalle catene che la tengono legata da ben trent’anni, sin da quando era cucciola. Alcune associazioni di animalisti hanno iniziato a chiedere di poterla portare in una riserva, anche perchè sembrava che la licenza de Pata Zoo non venisse rinnovata. Invece il rinnovo è avvenuto e tutte le procedure si sono fermate.


“Tutti gli animali dello zoo vivono in condizioni terribili”, hanno denunciato gli animalisti, mentre il direttore dello zoo continua a sostenere di non fare niente di male e di aver aperto il Pata Zoo proprio perché ama gli animali. L’unica possibilità, oggi, per restituire la libertà a Bua Noi e agli altri poveri esseri viventi costretti a una vita  è quella di fare pressione sul governo della città attraverso la Peta e altre associazioni animaliste impegnate in prima linea in battaglie come questa: l'ennesima crudeltà.
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Il Mattino