Il figlio di Federico Del Prete, sindacalista ucciso nel 2002: «Sognava un Paese senza soprusi»

Il figlio di Federico Del Prete, sindacalista ucciso nel 2002: «Sognava un Paese senza soprusi»
Sono trascorsi tredici anni, da quel maledettissimo giorno, tredici lunghissimi anni. Eppure sento ancora sibilare nell’aria la voce che mi annunciava l’uccisione di mio...

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Sono trascorsi tredici anni, da quel maledettissimo giorno, tredici lunghissimi anni. Eppure sento ancora sibilare nell’aria la voce che mi annunciava l’uccisione di mio padre Federico. Provo le stesse emozioni, lo stesso dolore.




Per un figlio, una madre, un padre, uccisi per mano criminale, il tempo sembra fermarsi, come se una forza a noi ignota ci obbliga a tornare indietro, in un rewind esistenziale, in cui la nostra anima si scontra con la cruda realtà. Mio padre lottava con perfetta coscienza che la camorra lo avrebbe un giorno ucciso, non poteva ignorare e non ignorava, l’estremo pericolo che correva. Eppure non è fuggito.



E’ stato ucciso sognando un Paese senza soprusi, lottando e insegnando il coraggio a tanti vigliacchi che subiscono in silenzio pensando assuefatti che nulla possa mai cambiare. E' morto difendendo i diritti dei calpestati, di chi troppo spesso non ha voce. Mi chiedo come sia possibile dopo centinaia di tragedie ignorare il male che ancora oggi incombe sulle nostre terre, un male chiamato Gomorra, che affama, mortifica, denuda. Il sistema criminale si alimenta e prolifera dove c’è la fame, la disperazione della povera gente, lasciata sola da uno Stato che non offre nulla se non rassegnazione e disarmando il nostro Paese dalle armi più potenti che esistano, lavoro e cultura.



È solo attraverso il lavoro e la cultura che possiamo sconfiggere il cancro che ci attanaglia, costruendo insieme un futuro di speranza, amore e generazioni arcobaleno, fatto di legalità, giustizia sociale, uguaglianza. Gli stessi familiari delle vittime innocenti di camorra, nel doloroso iter burocratico, sono costretti a subire l’umiliazione di chiedere un lavoro per andare avanti, quando tale è diritto costituzionale, ancor di più per i familiari di chi è stato assassinato per il suo coraggio e il suo impegno a favore della legalità.



Lo Stato non può essere spettatore di questo scempio, lo Stato ha il dovere morale di essere protagonista. A volte mi vien voglia di gettare la spugna, poi però penso che tradirei me stesso e il sacrifico di mio padre, di Mario Diana, di Domenico Noviello, di Gennaro De Angelis, che fino al loro ultimo respiro non hanno abbassato la testa, davanti al potere criminale. Penso ad Antonio e Nicola, che seguendo l’esempio di loro padre, donano ogni giorno lavoro a centinaia di operai. Concludo dicendo che il “futuro ha un cuore antico” e se tutti intraprendessimo le strade percorse già da altri uomini, uomini che hanno lascito una propria orma nella storia, non sbaglieremmo direzione.



La sfida è assai ardua, ma è la sola che possa restituire prospettive di futuro e di dignità ai giovani della nostra terra.



*Figlio di Federico Del Prete, sindacalista dei venditori ambulanti ucciso il 18 febbraio 2002 a Casal di Principe per aver denunciato il racket imposto dalla camorra sui mercati delle province di Napoli e Caserta Leggi l'articolo completo su
Il Mattino