Alla fine passa la linea del «disarmo bilaterale». Nessun consiglio dei ministri prima delle Europee: il decreto Sicurezza Bis di Matteo Salvini dovrà aspettare...
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Il Colle chiede garanzie in vista della manovra
La vicenda dei decreti (che con un gioco di parole sarebbe lo sblocca-blocca dl) vede la luce grazie a un pranzo al Quirinale tra il Capo dello Stato e il premier. Sergio Mattarella riceve Giuseppe Conte dopo giorni in cui il Colle è stato trascinato nella corrida gialloverde. Il presidente della Repubblica ricorda al premier che, ferma restando l'interlocuzione informale tra gli uffici, il suo intervento sui testi normativi è successivo, in fase di emanazione o promulgazione. Dunque è improprio aver tirato in ballo il suo ruolo nel Consiglio dei ministri di lunedì notte. Soprattutto in una fase così delicata della vita istituzionale, osservano in ambienti parlamentari, il Colle non può essere «schierato» in favore di una parte. Quanto ai testi, i dubbi non sarebbero dissipati del tutto dalle correzioni apportate al decreto dal Viminale.
L'ANNUNCIO
Di ritorno dal Quirinale tocca dunque al presidente del Consiglio dare la notizia del rinvio a dopo le Europee per i due decreti. «Sul decreto sicurezza è pervenuta una versione aggiornata ai miei uffici che hanno potuto esaminarlo: mi sembrano superate le criticità segnalate. Siamo pronti, anche se non voglio anticipare le posizioni che esprimeranno tutti i ministri. Abbiamo convenuto con Salvini che è meglio rinviare tutto alla prossima settimana». Conte parla di motivi tecnici legati alla convocazione del consiglio dei ministri, anche se come si sa il succo del discorso è tutto, e solo, politico. E così il capo della Lega parla di «criticità superate» e sia in tv sia in diretta Facebook sventola il testo: «Io sono pronto anche domani». Di Maio è sprezzante: «Penso che questo decreto sia stato scritto già due volte, adesso sembra che ci sia una nuova versione: quando siamo pronti, e questo non lo decido io, lo decidono i tecnici, gli uffici, quando si sono risolti i dubbi di costituzionalità, andiamo».
Nel valzer di bozze che si sono susseguite i pentastellati giurano che in quella finale non ci sarà nulla di clamoroso riguardo i migranti: «Abbiamo tolto certi provvedimenti stile polizia del Sud America», scherzano ma non troppo i vertici M5S. Ma si capisce che ormai è tutto fuori controllo. Ma il leader della Lega continua a far buon viso a cattivo gioco: non evoca la crisi dopo il voto di domenica, non minaccia l'esecutivo, anzi ribadisce lealtà nei confronti del premier Giuseppe Conte, accusato ormai da tutto lo stato maggiore del Carroccio di non esser più super partes. Anzi, di essere diventato «l'avvocato del popolo grillino». Nei 5 Stelle il sentore che la Lega voglia rompere alla prima occasione utile c'è, ed è forte. Molto dipenderà dalle percentuali dei due partiti di governo. Nel mondo ideale dei grillini: la Lega non deve superare il 30% e loro devo toccare quota 23. Per questo è pronto il rush finale: un video virale di Di Maio («Ecco come sarebbe l'Italia senza di noi») e l'evento di venerdì a Roma con tutti i ministri, Dibba e forse (sperano) Beppe Grillo.
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Il Mattino