OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Non sono tempi facili per Enrico Letta. Il Pd è in subbuglio, in pieno psicodramma a poco meno di un mese dalla decisiva partita del Quirinale. E questo perché il leader dem, al contrario di Giuseppe Conte e di Matteo Salvini, di Silvio Berlusconi e di Matteo Renzi, non è corso ad alzare un muro per tenere Mario Draghi ben distante dal Colle. E ora tra i colonnelli e i peones del Pd è scattata la corsa a stoppare - emuli di leghisti, 5stelle, forzisti, renziani - le presunte aspirazioni quirinalizie del presidente del Consiglio.
Draghi al Colle, mal di pancia Pd
Presunte, in quanto Draghi per la verità né si è candidato a succedere a Sergio Mattarella, né si è detto indisponibile a restare a palazzo Chigi nel caso fosse scartato per il ruolo di capo dello Stato. Il premier si è limitato a svelare una verità (evidente e per certi versi scontata) ai soci della maggioranza di unità nazionale: se questa si spaccherà nella partita decisiva del Quirinale, un istante dopo sarà finito anche il governo guidato dall'ex capo della Bce. Con il risultato di assistere all'eclissi dell'unica personalità autorevole e credibile, sulla scena nazionale e internazionale, su cui il Paese può contare. Ed è proprio questa la ragione per la quale Letta, al contrario degli altri leader, non è corso a stoppare Draghi sulla strada del Quirinale. «Meglio avere Super Mario sul Colle che non averlo affatto», dice un esponente dem vicino al segretario.
Elezioni Quirinale, è Berlusconi l'ostacolo per Draghi sulla strada del Colle
Ma, si diceva, nel corpaccione del Pd prevale un'altra linea. Ed è quella di tenere Draghi a palazzo Chigi «perché», come dice un esponente della segreteria dem su questo punto in disaccordo con Letta, «se il premier dovesse andare al Quirinale, subito dopo si andrebbe sparati a elezioni anticipate». La spiegazione: «È evidente che Salvini con Draghi sul Colle si chiamerebbe subito fuori dal governo. E noi, questa volta, non abbiamo alcuna intenzione di fare come con Monti caricandoci sulle spalle un esecutivo tecnico-ectoplasma. Preferiremmo, piuttosto, andare a elezioni per provare a non consegnare l'Italia alla Lega e alla Meloni».
Chiarito che il Pd non crede ad un governo di unità nazionale senza Draghi, il passo successivo è provare a stanare proprio Salvini e la Meloni: «Tocca a loro battere un colpo.
LE CONDIZIONI DI DRAGHI
Ci sono però da dire due cose. La prima: nessuno crede davvero alle elezioni anticipate, la stragrande maggioranza dei parlamentari (Fratelli d'Italia a parte) è contraria. La seconda: Draghi, al di là delle pre-condizione di un'intesa bipartisan per il Quirinale, è disposto a restare a palazzo Chigi solo a precise garanzie. La principale è quella di poter continuare a governare senza troppi inciampi ed ostacoli. Perché, come ha fatto capire durante la conferenza di fine anno, non è disposto a ingoiare (come è accaduto suo malgrado con il Superbonus del 110%) altre imposizioni dei partiti che giudica sbagliate. «Il messaggio del premier è chiaro», dice un ministro a lui molto vicino, «se volete che resti, certe cose non potrò più accettarle».
Quirinale, Berlusconi insiste: «Al quarto scrutinio mi votano anche gli altri»
Già, ma visto che il prossimo anno sarà di campagna elettorale (la legislatura finisce nel 2023), pure per Draghi risulterà difficile ottenere garanzie scolpite sulla pietra.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino