Uragano Maria, a Porto Rico manca tutto. Anche la politica

Uragano Maria, a Porto Rico manca tutto. Anche la politica
NEW YORK - A Porto Rico manca praticamente tutto. Non c’è acqua potabile, non c’è cibo. Non c’è la benzina necessaria a garantire...

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NEW YORK - A Porto Rico manca praticamente tutto. Non c’è acqua potabile, non c’è cibo. Non c’è la benzina necessaria a garantire l’operatività di ospedali oramai in ginocchio. Non c’è elettricità, infine, nel pantano di un’isola che assomiglia ad una gigantesca palude.


L’uragano Maria è passato per di qua. La politica no, non ancora.

È trascorsa una settimana dall’inferno di acqua e vento che soltanto tra la capitale San Juan e i suoi dintorni è costato la vita a 16 persone. Altre stanno morendo, due la scorsa notte in un reparto di terapia intensiva definitivamente collassato, mentre aiuti e perfino manifestazioni di supporto tardano ad arrivare.

Nell’occhio di un altro ciclone, quello mediatico e non quello agitato da Madre Natura, c’è come di consueto Donald Trump. E, nel mezzo di tanti isterismi, talora ingiustificati o comunque eccessivi, questa volta a ragion veduta.

I commenti di un presidente noto a chiunque proprio per la sua iperattività comunicativa, tanto sulle reti sociali quanto sui più tradizionali network radio-televisivi, sono giunti con un ritardo addirittura colpevole. E, a dirla tutta, non si sono distinti per convinzione ed empatia.

Insomma, Porto Rico in queste ore appare agli occhi del mondo come una sorta di “America di serie b”. La ragione che si cela dietro lo scarso interessamento iniziale è molto semplice ed ha tanto a che vedere proprio con la politica: i portoricani infatti, pur essendo cittadini statunitensi a tutti gli effetti, non votano in occasione delle elezioni presidenziali né eleggono un proprio rappresentante in seno al Congresso. In altri termini, dunque, nessun tornaconto utile può arrivare da qui.

Eppure ci sono delle vite, tante, che hanno bisogno di una mano tesa.

E così, Trump prova a svegliarsi, a rimediare al suo “sonno” iniziale ed annuncia, finalmente, che martedì sarà a San Juan. Saranno passate due settimane dal dramma. In Texas e in Florida si era recato soltanto quattro giorni dopo gli uragani Harvey e Irma.


In questo momento, e anche qui verrebbe da aggiungere un ulteriore “finalmente”, 10mila membri dello staff della Fema, l’ente federale per la gestione delle emergenze, sono al lavoro per arginare la disperazione, per aiutare gli abitanti dell’isola a rialzarsi. Uomini, donne e bambini che aspettano la politica, che aspettano un presidente che non hanno votato, ma che è anche il loro. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino