E' stato il copilota dell'Airbus a far precipitare l'aereo. Lo ha fatto schiantare volontariamente contro la montagna, con la deliberata volontà di distruggere...
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Circa dieci minuti di discesa inesorabile, dai 38.000 ai 6.000 piedi, fino all'impatto finale sul massiccio dei Trois-Echevès, su un costone impervio a oltre duemila metri di altezza, nel silenzio ormai rotto dalle continue rotazioni degli elicotteri dei soccorritori impegnati nel recupero dei corpi. Mentre a valle, nei paesini stravolti di Seyne-Les-Alpes e Le Vernet, sono giunte oggi le famiglie delle vittime, con lo strazio del riconoscimento e i prelievi per la comparazione del dna con quello dei resti recuperati tra le lamiere. Un'operazione indispensabile per l'identificazione dei cadaveri. Centinaia di persone, tra cui la famiglia dello stesso Lubitz, giunta questa mattina a Marsiglia ancora ignara di tutto e ormai sotto alta protezione della polizia francese, mentre in Germania arrivano insulti e minacce telefoniche a tutti quelli che hanno la sfortuna di portare lo stesso cognome. «Il copilota voleva distruggere l'aereo, c'era la deliberata volontà di farlo precipitare».
In aperta polemica con il Bea, l'ufficio francese per l'analisi e l'inchiesta che nella laconica conferenza stampa di ieri pomeriggio non ha neanche evocato l'assenza di uno dei due piloti dalla cabina - poi svelata nella notte dal New York Times - il procuratore, Brice Robin, ha rivelato tutto. Una ricostruzione precisissima, snocciolata ai media fin nei minimi dettagli, anche in nome di quella sacrosanta «trasparenza» richiesta solennemente dal governo Hollande che ha promesso «tutta la verità» alle famiglie delle vittime. Dopo la consultazione dell'ultima mezz'ora di file audio estratto dalla scatola nera rinvenuta sul posto - ha raccontato Robin - il comandante Patrick Sonderheimer e il suo braccio destro cominciano con l'avere una conversazione normale, con battute distese, informali, in un'atmosfera apparentemente «serena».
Sonderheimer comincia a «preparare il briefing in vista dell'atterraggio a Dusseldorf - ha spiegato ancora Robin - poi il comandante chiede al copilota di prendere il comando». Probabilmente per andare in bagno. Le risposte di Lubitz «sembrano laconiche, segue il rumore del sedile che indietreggia, la porta si richiude. Possiamo presumere che il comandante sia uscito per un'impellenza personale». È l'inizio di un'inesorabile discesa verso la morte. Lubitz si ritrova solo in cabina.
Lontano dallo sguardo del suo superiore preme il pulsante del flight monitoring system, il selezionatore di altitudine che fa scattare la discesa dell'apparecchio. «Un'azione che può essere soltanto volontaria», puntualizza il procuratore di Marsiglia, ricordando che l'azione avviene quando il velivolo è ancora ben lontano dalla fase prevista per l'atterraggio, a breve distanza dalla parete di rocce delle Alpi. Sonderheimer torna verso la cabina di pilotaggio, la porta è chiusa, bussa ma non riceve risposta. Come rivelato dal Nyt, si appella al copilota in modo sempre più insistente, cerca di sfondare la porta. Dalla cabina non giunge risposta. Lubitz è barricato dentro, muto.
Scartata l'ipotesi del malore. Dai nastri lo si sente «respirare in modo normale», assicura il procuratore, insistendo su quel respiro che si sentirà fino alla fine, con «le urla dei passeggeri» a pochi istanti dallo schianto e «la morte istantanea, immediata» contro la montagna. Il procuratore non ha voluto parlare di suicidio: «Ci si suicida da soli, non quando si ha la responsabilità della vita di 150 persone. Per questo non ho usato il termine di suicidio», ha tagliato corto. Le nuove notizie danno una nuova «dimensione inconcepibile» alla tragedia del volo Germanwings, ha commentato la cancelliera tedesca Angela Merkel, che ieri si era recata insieme ad Hollande e Rajoy sul luogo della strage.
«Una cosa del genere supera ogni rappresentazione possibile», ha aggiunto, mentre gli inquirenti tedeschi hanno perquisito la casa di Lubitz a Montabaur, in Renania Palatinato, portando via materiale, compreso il pc dell'uomo. Da quanto è poi trapelato sarebbero stati trovati elementi utili per le indagini. Per motivi di sicurezza la famiglia del 27enne è stata messa sotto protezione.
Si cerca il movente, che potrebbe semplicemente essere quello della «depressione» di cui aveva sofferto Lubitz in passato, secondo alcune testimonianze raccolte dalla stampa tedesca. «Non è possibile escludere che casi come questo possano accadere, anche con tutte le misure di sicurezza del mondo»: ha affermato da parte sua Carsten Spohr, amministratore delegato di Lufthansa.
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Il Mattino