Abu Mohammad al-Adnani, il capo della propaganda e «portavoce» dell' Isis, braccio destro operativo del Califfo al-Baghdadi, coordinatore del terrorismo in...
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Figura sfuggente quanto quella di al-Baghdadi - benché di lui circolino diverse fotografie -, con una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa, Adnani sarebbe già scampato ad un raid nel gennaio di quest'anno, nel quale sarebbe però rimasto ferito. Secondo il comando congiunto iracheno, avrebbe perso molto sangue e sarebbe stato operato d'urgenza in un ospedale. Il messaggio odierno, in lingua inglese e araba, afferma che Adnani «ha subito il martirio mentre coordinava le operazioni per respingere la campagna militare contro Aleppo». E segue la minaccia di una vendetta.
Siriano di Idlib, di età compresa fra i 37 e i 39 anni, Adnani era considerato dalle intelligence occidentali come il braccio destro del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi di cui, fra l'altro, non si registrano più messaggi da tempo. A lui, come capo della propaganda, si deve l'annuncio nel giugno del 2014 della fondazione dello Stato islamico gerarchizzato in un Califfato in Siria e Iraq, che proiettò in avanti il gruppo combattente Isis, uscito come una costola da Al Qaida: da milizia e gruppo terroristico a entità politica, embrione di stato, in grado di governare un territorio che, come una terra promessa, attirasse aspiranti jihadisti da tutto il mondo. In una posizione che potrebbe essere accostata forse a quella di Josef Goebbels nel Terzo Reich hitleriano, Taha Sobhi Falaha - questo il suo vero nome - avrebbe costruito - secondo quanto rivelò un'inchiesta del New York Times - l'Emni, il servizio d'intelligence dello Stato Islamico, che ha preso in carico, oltre all'intelligence esterna, anche il coordinamento della jihad del terrore, portata in Europa e in America come strumento di guerra e di vendetta.
L'unità controllata da Adnani avrebbe cioè inviato i suoi agenti in giro per il mondo ad organizzare le stragi e gli attacchi all'estero: in Germania, Austria, Spagna, Malaysia, Indonesia, Libano, Tunisia e Bangladesh.
Il Mattino