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In vista dell'udienza del 4 marzo, che si preannuncia tesa, con tanto di sciopero fuori dall'aula dei legali milanesi a sostegno dell'avvocatessa indagata in un'inchiesta parallela, sul caso di Alessia Pifferi, dopo settimane di polemiche, arriva un dato processuale importante. La 38enne era capace di intendere e volere, «lucida» quando ha abbandonato per sei giorni la figlia Diana di meno di un anno e mezzo da sola in casa, lasciandola morire di fame e di sete. Dopo quattro mesi di lavoro lo psichiatra forense Elvezio Pirfo, nominato dalla Corte d'Assise di Milano presieduta da Ilio Mannucci, ha depositato gli esiti della perizia: assenza di «disturbi psichiatrici maggiori», né «gravi disturbi di personalità».
Alessia Pifferi, processo in tilt: la pm lascia, accusa spaccata sull'indagine sulle psicologhe
Le indagini
Nessun vizio di mente per l'imputata, accusata di omicidio volontario aggravato anche dalla premeditazione e che a questo punto rischia l'ergastolo, anche se i giudici potrebbero riconoscere attenuanti e, in ipotesi, la pena potrebbe scendere. «Con questa perizia è ergastolo sicuro, ma confido nella Corte d'Assise. Ritengo che il clima sia ormai viziato dal fatto che il pm ha indagato me e le psicologhe, cosa che ha intimorito tutti», ha sostenuto l'avvocatessa Alessia Pontenani, riferendosi al fascicolo aperto a processo in corso dal pm Francesco De Tommasi. Un filone di indagine per falso e favoreggiamento sulle due psicologhe di San Vittore e sulla legale, perché, con un test psicodiagnostico, il cosiddetto Wais, e con presunte falsificazioni del «diario clinico», avrebbero aiutato la donna ad ottenere la perizia, sostenendo che avesse un deficit cognitivo e «manipolandola».
I test
Nelle sue quasi 130 pagine Pirfo scrive che in assenza di video-audio registrazioni dei colloqui con le psicologhe «non è possibile dare una valutazione compiuta circa l'eventuale induzione o suggestione dell'imputata».
Gli interrogatori
Negli interrogatori e nei colloqui della perizia, però, ha sempre mostrato «una 'resistenza alla faticà», una «resilienza, una capacità cioè di sopportare gli eventi avversi, superiore a quanto ci si possa aspettare in una persona segnata da un'esistenza complessa e per certi versi infelice». Tutto accompagnato da «precisione delle risposte e integrità della memoria». Il problema, ha detto lei nei colloqui col perito, «è che la mia mente si è spenta, si è proprio distaccata dal ruolo di mamma (...) oggi mi sento una cattiva madre». E al legale ha ribadito: «Non sono un'assassina». Mentre la sorella Viviana, parte civile con l'avvocato Emanuele De Mitri, spiega che la perizia «conferma che Alessia non ha mai avuto alcun disturbo mentale», gli avvocati restano sul piede di guerra. L'Ordine dei legali ha chiesto al procuratore Marcello Viola di intervenire per «salvaguardare l'effettività del diritto di difesa». Viola che sta per consegnare una relazione richiesta sul caso - che ha visto l'altro pm, Rosaria Stagnaro, lasciare il processo - dalla procuratrice generale Francesca Nanni.
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