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La tregua tra alleati che non si amano è un classico della vigilia del voto. Ma tra Salvini e Meloni, che a Verona hanno assicurato di «non finire come Giulietta e Romeo», la tregua non può che essere armata. Perché la parola sorpasso è quella che divide i due, e mai come stavolta: Fratelli d'Italia vuole prendersi il Nord, sorpassare in casa leghista il Carroccio (non solo in Lombardia ma anche in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, ieri Giorgia uno dei comizi finali della campagna elettorale lo ha tenuto a Gorizia) e occhio a tre città che sono decisive per il sorpasso di FdI ai danni di Salvini: Verona, Como e Alessandria. E poi c'è L'Aquila: «Per noi è un luogo del cuore», non nasconde la Meloni, che proprio qui ieri ha chiuso la campagna a sostegno dell'uscente Pierluigi Biondi: «Sono certa che i cittadini premieranno 5 anni di impegno, visione e capacità di FdI alla guida del Comune».
Quanto al Sud, la tegola degli arresti per voto di scambio mafioso a Palermo nel centrodestra - dopo il forzista Polizzi ieri è finito in manette Francesco Lombardo, aspirante consigliere comunale FdI accusato di aver chiesto voti al boss Vincenzo Vella - agitano non poco le acque e il Pd ovviamente sta usando la cosa.
In ogni caso, il sorpasso significa una cosa chiara ed è quella che la Meloni ieri ha detto con nettezza: «Tra un anno andrò a Palazzo Chigi». Ovvero, sbaragliare già in queste Comunali l'alleato-rivale leghista, prendere la rincorsa per surclassarlo anche nelle Politiche e, secondo la regola del chi ha più voti corre per la premiership, diventare il primo capo di governo italiano donna (sempre che il centrodestra vinca e bene la tornata del 2023).
Quello tra FdI e Lega è un corpo a corpo nelle urne.
Se domani FdI vincerà anche nelle città del Nord, per il leader leghista sarà la tempesta perfetta e il Carroccio in prospettiva riaprirà il dibattito sulla leadership di Salvini. Il quale ormai da molti lombardi e veneti viene visto come lontano e assente, specie sui temi dell'autonomismo. Matteo si sta battendo come un leone (ieri sera intervistona al Tg2 della sera: «I litigi lasciamoli alla sinistra») proprio per evitare la debacle interna alla coalizione. E alla riunione che il segretario ha convocato oggi, dedicata all'«attacco della Bce contro i soldi degli italiani», Salvini chiederà anche ai suoi di abbassare la conflittualità con FdI da qui al ballottaggio del 26 giugno. Ma sarebbe un miracolo se, tra i tormenti di Salvini e la scalata di Meloni, il centrodestra riuscirà a non sbranarsi. E molto dipenderà dalla Sicilia. Se dopo le Comunali la Meloni non incassa la candidatura bis a presidente per Musumeci, sarà guerra totale.
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