«Le morti in eccesso? Un prezzo accettabile, credo che il modello abbia funzionato, non penso che avessimo bisogno del lockdown in Svezia». La sua popolarità...
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«Non penso che avessimo bisogno del lockdown in Svezia - le parole tranchant di Tegnell all'ANSA -. Non avrebbe fatto poi così tanta differenza, specie nei contagi negli ospizi. Imporre il lockdown non avrebbe cambiato la situazione, esistono molte altre misure, più morbide, che possono essere utilizzate». Come dovrebbe valere per la sua strategia di mitigazione, che si basa su pochi interventi mirati per appiattire la curva d'infezione, tutelando, al contempo, anche l'assetto socio-economico.
«Finora ritengo, pur tenendo conto dei morti in eccesso, che abbia funzionato - dice il professore -. La gente ha seguito le nostre indicazioni e abbiamo fatto sì che il servizio sanitario curasse tutti quelli che ne avevano bisogno, malati non solo di Covid-19 ma di qualsiasi patologia. È stato difficile, ma ci sono sempre stati letti a disposizione». Senza imporre divieti particolari, se non per gli assembramenti oltre le 50 persone e, in un secondo momento, per le visite nelle case di cura. Oltre che limitando le chiusure a scuole superiori e università.
L'unica strada sostenibile a lungo termine, secondo l'accademico e alto funzionario svedese, che non è disposto a rinnegare la propria strategia alla luce degli oltre 3.500 morti fin qui riconosciuti. «Ogni decesso è un immenso dispiacere, è una cosa terribile vedere un numero così alto di persone morire, ma ci sono molte altri aspetti da tenere in considerazione per valutare un singolo approccio. Come per esempio i danni che si determinano a livello sociale nel lungo periodo».
Per rafforzare il suo pensiero, Tegnell cita l'esempio delle scuole elementari, tenute sempre aperte, così come bar, ristoranti, negozi, cinema e teatri: «I bambini hanno bisogno di andare a scuola almeno quanto i loro genitori di lavorare. Ritengo che essere riusciti a garantire la scolarizzazione in questo periodo così difficile sia stato un successo che potrebbe essere preso d'esempio da altre nazioni», insiste. In Svezia, del resto, Tegnell è oggi quasi un divo del cinema, con ammiratori pronti persino a tatuarsi l'effigie del suo volto. Un consenso che trova conferma negli ultimi sondaggi 'bulgari', a dar retta agli istituti demoscopici: col 70% della popolazione d'accordo con lui, un 20% che vorrebbe addirittura una linea più soft e solo un 5% di dissidenti 'ingrati'. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino