Autonomia, un coro di “no” contro il disegno di legge Calderoli: «Così si spacca in due il Paese»

La prima giornata di audizioni sul disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata fa emergere in tutta la sua forza la “spaccatura” che il progetto leghista porterebbe nel Paese e il resto della Nazione

Autonomia, un coro di “no” contro il disegno di legge Calderoli: «Così si spacca in due il Paese»
I no sono più dei sì. I dubbi più delle certezze. I rischi più delle opportunità. La prima giornata di audizioni sul disegno di legge Calderoli...

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I no sono più dei sì. I dubbi più delle certezze. I rischi più delle opportunità. La prima giornata di audizioni sul disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata fa emergere in tutta la sua forza la “spaccatura” che il progetto leghista porterebbe nel Paese e il resto della Nazione. Andrea Del Monaco, esperto di fondi europei, è il primo a snocciolare la dura realtà dei numeri. Un cittadino del Nord, spiega, riceve in media dallo Stato 17.363 euro di spesa pubblica. Un cittadino del Sud deve accontentarsi di 13.607 euro. La differenza è di oltre 3.600 euro. Per colmarla servirebbero 75 miliardi all’anno da destinare al Mezzogiorno. Ma se Veneto e Lombardia chiederanno e otterranno di trattenere sul loro territorio il 90 per cento di Irpef, Ires e Iva, al bilancio dello Stato verranno a mancare 190 miliardi di euro.

La domanda è spontanea: da dove arriveranno allora i soldi per colmare i divari? Quesito non peregrino. Soprattutto se, come ha ricordato Marina Boscaino, del Comitato per il ritiro dell’autonomia differenziata, il disegno di legge Calderoli prevede una «invarianza di spesa». Colmare i divari tra Nord e Sud senza stanziare nuovi fondi è un ossimoro, una contraddizione in termini. Così per Alfonso Celotto, costituzionalista, già capo di gabinetto di numerosi ministri, l’articolo 9 del progetto leghista andrebbe quantomeno «integrato». Andrebbe cioè specificato che il fondo di perequazione per colmare le differenze andrebbe posto a carico dei bilanci regionali e non solo di quello dello Stato. C’è un altro punto che è stato a lungo discusso nelle audizioni, la genesi dell’autonomia differenziata. 

Non è vero che l’hanno voluta i padri costituenti. L’articolo 116 ter che permette di trasferire 23 materie dallo Stato alle Regioni è stato introdotto dalla riforma del titolo V della Carta del 2001. Del Monaco lo ha definito «un raro caso di insipienza giuridica e politica» e il presidente della Commissione Affari Costituzionali, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia ha chiosato: «Questo suo giudizio coincide con il mio». Segno che al di là della disciplina di partito il fuoco sotto la cenere cova. In molti, comunque, si sono domandati se, dal 2001 in poi, i divari tra le Regioni siano aumentati o diminuiti. Sulla Sanità, l’unica materia che già si può dire che sia stata trasferita alle Regioni, i risultati sono stati disastrosi. Lo ha ricordato ancora una volta Mino Cartabellotta del Gimbe, la fondazione che si occupa di politiche per la salute. In questi 20 anni, da quando a gestire la Sanità sono le Regioni, sono nate le liste d’attesa infinite e i viaggi dal Sud verso Nord per curarsi. 

IL TRAVASO


Viaggi che hanno comportato il “travaso” di 14 miliardi di euro dalle Regioni meridionali a quelle settentrionali. Un trasferimento di risorse che ha messo in ginocchio la Sanità del Sud a cui l’autonomia rischia di dare «il colpo di grazia». Ma il governatore del Veneto, Luca Zaia, che ha aperto le audizioni, difende il progetto che, dice, permetterà «un’assunzione di responsabilità» da parte delle Regioni. E a chi gli ricorda che in Germania per “federare” il Paese hanno stanziato miliardi di euro per la perequazione risponde: «Noi non abbiamo il muro di Berlino». Il Sud, dunque? Si arrangi. Al Mezzogiorno, è la linea, dedichiamo l’80 per cento dei Fondi di coesione. Soldi che non vengono spesi. Quindi rilancia. Sui fondi del Pnrr dovremmo introdurre un «overbooking nazionale». Che significa? Che una volta fatto tutto il possibile per farli spendere alle regioni meridionali, se queste non ci riescono, è giusto che siano destinati a chi è in grado di spenderli. Sottinteso il Veneto. È questa la nuova partita che sta per aprirsi nel governo: i soldi del Pnrr al Nord quelli di coesione al Sud. Che per inciso, sono risorse già a sua disposizione.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino