Si riparte. E si riparte da Venezia con un incontro questa mattina tra il pasdaran dell'autonomia Luca Zaia e il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Per Zaia...
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«Giro per ascoltare - dice il ministro degli Affari regionali - questo è l'impegno che abbiamo preso con il presidente Conte e tutto il governo, senza appunti predefiniti, con un solo libro in tasca che è la Costituzione». Nella Costituzione, ad avviso di Boccia, c'è prima la definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali da garantire in tutto il territorio nazionale, obbligatori dal 2001 ma mai definiti, e poi i poteri differenziati, che non possono partire senza indicare la carta dei diritti indipendenti dalla residenza. Fatta questa premessa, Boccia è disposto a discutere di tutto purché senza diktat. Un segnale di apertura che negli ultimi giorni è stato colto sia da Zaia sia dal governatore della Lombardia Attilio Fontana, il quale si incontrerà con Boccia domani a Milano. Oggi pomeriggio invece sarà la volta dell'emiliano Stefano Bonaccini, a Bologna. Il giro delle Regioni proseguirà a fine mese, il 30 settembre, con incontri a Torino, con il piemontese Alberto Cirio orientato a chiedere un'autonomia sul modello del Veneto, e ad Aosta, che notoriamente l'autonomia ce l'ha già ed è infatti la regione più costosa d'Italia.
Sulle materie, Boccia non ha tabù. Anche l'istruzione, la più delicata di tutte, può rientrare nel paniere, valutando caso per caso le funzioni. Le assunzioni dei docenti, per esempio, potrebbero rimanere una prerogativa statale, mentre la definizione della numerosità delle classi potrebbe essere trasferita alle Regioni. Questioni che si intrecciano, però, perché se una Regione decidesse per esempio che il massimo di alunni per classe nel suo territorio è di 15, poi dovrebbe far assumere allo Stato più docenti con costi aggiuntivi da ripartire. Tutti temi da approfondire nei tavoli tecnici dove, come sempre, il vero scoglio sarà l'assegnazione delle risorse. Veneto e Lombardia sono partite con richieste tese a portare più soldi per i servizi sociali nelle proprie regioni senza preoccuparsi della tenuta complessiva. Boccia si impegna a rovesciare il meccanismo e a partire proprio dalla garanzia di equità. Tuttavia, secondo i conteggi ufficiali della Sose, questo significa necessariamente aumentare la spesa nei territori dove i servizi sono vergognosamente deficitari e quindi soprattutto al Sud. Per esempio, per garantire in tutti i Comuni delle quindici regioni a statuto ordinario il livello medio di servizi accessori di istruzione (mense scolastiche, trasporto disabili e così via) bisognerebbe aumentare la spesa del 9% in Veneto (perché anche lì ci sono località con servizi sotto lo standard), del 4% in Emilia Romagna ma del 24% sia in Puglia che in Campania. Inoltre lo spacchettamento dei servizi in tanti centri di spesa regionali non porta in automatico maggiore efficienza, come ripete fideisticamente Zaia, ma può creare duplicazioni di costi e quindi va valutato caso per caso per misurare le diseconomie di scala. Un concetto che all'economista Boccia è più chiaro rispetto ai suoi predecessori. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino