BEIRUT - Intrappolati «come uccelli in gabbia», esposti ai bombardamenti della Coalizione filo-Usa, agli spari dei cecchini curdi e alle rappresaglie degli ultimi...
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Due giorni fa, le stesse forze vicine alla Coalizione avevano lanciato ai jihadisti un ultimatum di 48 ore, scaduto stamani alle 11 locali (le 10 in Italia). La zona, tra l'Eufrate e il confine turco, è teatro da fine maggio di un'offensiva delle «Forze democratiche siriane», guidate dall'ala siriana dei curdi del Pkk e sostenute dagli Stati Uniti. L'assedio di Manbij, centro vitale tra Aleppo e Raqqa - «capitale» dell'Isis in Siria - è descritto da curdi e da Stati Uniti come parte della «guerra al terrorismo». Ma non tutti la pensano così: «i curdi del Pkk, gli Stati Uniti e l'Isis sono tutti responsabili del dramma che stiamo vivendo», afferma Mustafa H., avvocato di Manbij anch'esso costretto a fuggire prima dell'inizio dell'assedio. L'avvocato conferma che in città rimangono circa 35mila minori, come aveva affermato nei giorni scorsi l'Unicef. «L'Isis si confonde tra i civili. Ci sono circa 400 miliziani in città, in mezzo a 150mila persone».
Le fonti affermano che molti jihadisti sono siriani, di Manbij, altri sono stranieri. «Ma moltissimi sono fuggiti a Raqqa». Per l'ex consigliere comunale Khatib, la situazione umanitaria è disperata: «È impossibile trovare acqua e farina. Chi può fa il pane in casa. Altri hanno scorte di cibo in scatola. E chi ha un pozzo vicino è ancora salvo», afferma «Ma moltissimi non sanno come arrivare a fine giornata. Moriranno di fame e di sete», sostiene Khatib. Nei giorni scorsi, in bombardamenti della Coalizione filo-Usa a nord di Manbij, nel villaggio di Tukhar, un numero imprecisato di civili era stato ucciso. L'Unicef ha detto che nei raid sono morti più di 20 bambini. L'Isis aveva riferito di «160 morti», la tv iraniana di «140», l'agenzia siriana Sana di «120». Attivisti di Manbij fuggiti a nord dicono di aver documentato «210 morti». Anche ieri i bombardamenti della Coalizione sono stati intensi. «Almeno 12 raid hanno colpito la città e sono stati colpiti tre ospedali: »l'Amal, il Qrishman e quello pubblico«, afferma Khatib.
Manbij è tradizionalmente abitata da una popolazione araba, che non vede in modo favorevole la »liberazione« per mano curdo-americana e la conseguente annessione al nascente Kurdistan siriano. La propaganda delle »Forze siriane democratiche« e dei loro alleati afferma che all'assedio di Manbij partecipano in prima linea »miliziani arabi« del »Consiglio militare di Manbij«. Per Khatib è »solo una manovra mediatica. Conosciamo questi miliziani. Sono di Manbij, ma sono gente poco affidabile. Si sono venduti al miglior offerente». Anche per questo, l'ex consigliere comunale non ha timore nell'ammettere che »ormai agli abitanti di Manbij non importa quale autorità li controlli. Siamo stanchi. Vogliamo solo vivere in pace, senza bombe e senza assedi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino