In caso di estradizione «gli agenti penitenziari italiani hanno detto che mi uccideranno». A inveire di nuovo contro Roma sui media brasiliani è Cesare...
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Non solo: «Loro hanno già dimostrato in diverse occasioni che sono capaci di tutto», ha affermato l'ex terrorista, precisando di non temere la giustizia brasiliana ma di aver «paura» invece di «un'operazione illegale con mercenari italiani», visto che «hanno cercato di sequestrarmi nel 2015» oltre al «problema 15 giorni fa a Corumbà», nel nord della Bolivia. Battisti ritiene che non sarà estradato: «Sto aspettando la risposta del Supremo Tribunal Federal, credo sarà positiva. Stiamo parlando della legge, e secondo la legge la mia estradizione è impossibile. Un decreto non può essere derogato dopo cinque anni» dall'approvazione. L'ex militante dei Proletari armati per il comunismo attende l'udienza a casa di un amico a Cananeia, nel litorale di San Paolo, insieme al figlio Raul, di 4 anni, e alla compagna Priscila Pereira, docente di 31 anni e madre del bambino. La difesa intende porre come argomentazione chiave per ottenere la conferma della sua permanenza in Brasile il fatto che è lui a sostenere economicamente la famiglia. Questo è il punto tra l'altro sollevato in una lettera che la donna ha inviato alla presidente dell'Stf, Carmen Lucia, testo nel quale si sottolinea in particolare la forte «dipendenza economica e affettiva del figlio».
Nell'udienza di domani, la Corte Suprema di Brasilia esaminerà l'habeas corpus richiesto dai legali di Battisti.
Il Mattino