Benno Neumair, il racconto dell'omicidio: «Mio padre mi ha detto fallito, l'ho strozzato forte. Poi è toccato a mamma»

Benno Neumair, il racconto dell'omicidio: «Mio padre mi ha detto fallito, l'ho strozzato forte. Poi è toccato a mamma»
«Papà mi rinfacciava che non valessi niente. Era uscito fuori il discorso delle mie responsabilità. Mi sono sentito così alle strette, così senza...

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«Papà mi rinfacciava che non valessi niente. Era uscito fuori il discorso delle mie responsabilità. Mi sono sentito così alle strette, così senza una via d'uscita. Io mi rifugio in camera e vengo incalzato anche se voglio stare in pace. Volevo solo il silenzio. L'ho zittito, ho preso dalla bacinella di plastica dove ho gli attrezzi la prima corda di arrampicata che ho trovato». Comincia così la confessione di Benno Neumair, il trentunenne che il 4 gennaio ha ucciso i genitori, ha caricato i corpi sull'auto del padre e li ha gettarli nell' Adige. Poi ha trascorso la notte con un'amica. Piange Benno e ammette tutto, è in carcere con l'accusa di duplice omicidio aggravato e occultamento di cadavere. 

A diffondere i due verbali, dopo la desecretazione dei pm di Bolzano, è stata la trasmissione Quarto Grado. Benno racconta di avere trascorso il pomeriggio in casa con il padre, litigando a più riprese. «Mio padre mi rimproverava che dovevo aiutare di più a casa. Sono andato in camera mia per non dovere più discutere». Laura Perselli, la mamma, era andata a prendere la nonna .

Benno spiega che il padre, Peter, voleva che lui pagasse una parte più consistente di affitto: «Eravamo in corridoio. Siamo cascati insieme per terra, non so se l'ho strozzato da dietro o da davanti. Ricordo solo che ho stretto molto forte. Poi sono rimasto seduto, o sdraiato in corridoio. Ricordo che in quel momento è suonato il mio cellulare, probabilmente ho risposto. Poi ricordo che mi sono di nuovo agitato, sentendo il rumore del cellulare e poi, subito dopo, il rumore del chiavistello. Mi sono mosso verso la porta, è entrata la mamma, avevo ancora il cordino in mano e mi è venuto di fare la stessa roba, senza nemmeno salutarla».

Il racconto continua: «Il cellulare della mamma era caduto per terra, ho avuto paura, mi sono messo i pantaloni, sono uscito col cellulare della mamma e con quello del papà che aveva lo schermo scheggiato...ho preso la bici, ho iniziato a pedalare fino all'altezza di ponte Roma, dove mi hanno salutato due conoscenti sudamericani...ho chiesto ai sudamericani se avevano marijuana. Non avevo soldi, quindi non ho comprato nulla. Ho lanciato dalla pista ciclabile i cellulari, tra il ponte di legno e il ponte Roma, verso il fiume. Ma non so se sono finiti nel fiume, o se sono rimasti sull'argine». Poi il rientro: «C'era il corpo della mamma all'ingresso...c'erano i pantaloni miei, che avevo indossato in precedenza, con dentro il mio telefono. Ho telefonato alla mamma. Ero contento che il telefono squillasse, perché poteva significare che mi fossi sognato tutto».

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Il Mattino