Requiem a Bergamo davanti al cimitero, Mattarella: qui c'è l'Italia che ha sofferto

Requiem a Bergamo davanti al cimitero, Mattarella: qui c'è l'Italia che ha sofferto
La fila di camion dell'esercito che portano le bare dei defunti per il Covid in altre città perché a Bergamo non c'è più posto al cimitero e al...

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La fila di camion dell'esercito che portano le bare dei defunti per il Covid in altre città perché a Bergamo non c'è più posto al cimitero e al crematorio, è una delle immagini più vivide della tragedia che è stata l'emergenza Coronavirus. Un'altra sarà quella dell'orchestra e del coro del Donizetti Opera festival che, distanziati e indossando le mascherine, stasera eseguono il Requiem del compositore bergamasco davanti al cimitero monumentale alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella e dei 324 sindaci dei Comuni della provincia, in rappresentanza dei loro cittadini, per un omaggio a quei morti che non hanno nemmeno potuto avere un funerale.


L'evento è cominciato con un minuto di silenzio da parte di tutti i presenti - l'orchestra e una ristretta cerchia di persone, 243 sindaci, i rappresentanti degli operatori sanitari e alcuni familiari delle vittime - e la deposizione, da parte del presidente Mattarella, di una corona di fiori. Il presidente della Repubblica, accompagnato dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori e dal governatore lombardo, Attilio Fontana ha percorso il viale che porta alla chiesa di Ognissanti, la stessa che nel marzo scorso ha accolto le bare delle vittime attendendo il convoglio militare.

 

Il Presidente ha poi preso la parola per un discorso: «Qui a Bergamo, questa sera, c'è l'Italia che ha sofferto, che è stata ferita, che ha pianto. E che, volendo riprendere appieno i ritmi della vita, sa di non poter dimenticare quanto è avvenuto. La mia partecipazione vuole testimoniare la vicinanza della Repubblica ai cittadini di questa terra così duramente colpita. Oggi ci ritroviamo qui per ricordare, per far memoria di tanti che non ci sono più. Vite e affetti strappati spesso senza un ultimo abbraccio, senza poter stringere la mano di un familiare. Questi mesi, contrassegnati da tanta, intensa, tristezza, ci hanno certamente cambiato. Hanno in larga misura modulato diversamente le nostre esistenze, le nostre relazioni, le nostre abitudini. Dire che, d'ora in poi, la nostra vita non sarà come prima non è la ripetizione di un luogo comune. Non sarà come prima -ha sottolineato il Capo dello Stato- perché ci mancheranno persone care, amici, colleghi. Non sarà come prima perché la sofferenza collettiva, che all'improvviso abbiamo attraversato ha certamente inciso, nella vita di ciascuno, sul modo in cui si guarda alla realtà. Sulle priorità, sull'ordine di valore attribuito alle cose, sull'importanza di sentirsi responsabili gli uni degli altri. Fare memoria significa anzitutto ricordare i nostri morti e significa anche assumere piena consapevolezza di quel che è accaduto. Senza cedere alla tentazione illusoria di mettere tra parentesi questi mesi drammatici per riprendere come prima. Rammentiamoci delle energie morali emerse quando, chiusi nelle nostre case, stretti tra angoscia e speranza, abbiamo cominciato a chiederci come sarebbe stato il nostro futuro. Il futuro della nostra Italia. La memoria ci carica di responsabilità. Senza coltivarla rischieremmo di restare prigionieri di inerzie, di pigrizie, di vecchi vizi da superare. Da quanto avvenuto dobbiamo, invece, uscire guardando avanti. Con la volontà di cambiare e di ricostruire che hanno avuto altre generazioni prima della nostra».
 



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Il Mattino