«Mi fidavo di mio marito. Mi aveva detto che avrebbe portato il bambino a fare una passeggiata e sarebbe tornato presto. Invece ha cercato di vendere nostro figlio»....
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Una coppia giovanissima di italiani di etnia rom, lui 23 anni, lei appena 19 e già due figli piccolissimi. Sposati poco più che adolescenti, entrambi senza lavoro e con il marito che ha già una sfilza di reati alle spalle: furto, truffa e spaccio di stupefacenti. Samantha ora vorrebbe rivedere il suo bambino, ma al reparto di pediatria dell’ospedale Grassi, dove è ricoverato da domenica pomeriggio, non si può entrare.
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Il piccolo è circondato da una fitta rete di protezione e per lui il Tribunale dei Minori ha nominato un tutore. Le operatrici sanitarie non lo lasciano mai. Nessuno si può avvicinare. Solo i medici, gli infermieri e gli psicologi che lo tengono costantemente sotto osservazione. Arrivato al pronto soccorso in lacrime, scalzo, sporco e denutrito, l’equipe pediatrica sta cercando di verificare se in passato abbia subito violenze. Parla pochissimo e si ritrae appena si avvicina una figura maschile. Secondo gli operatori che gli stanno vicino avrebbe vissuto brutti momenti, nonostante la tenera età. A identificarlo sono stati gli uomini dei baschi verdi dopo che Samantha insieme a una delle nonne del bambino, lunedì mattina si è presentata al comando con una pila di certificati anagrafici.
Un lungo lavoro di incrocio dei dati forniti dalla ragazza con quelli dei Comuni di Roma e Ardea, dove vive la famiglia, poi in serata è arrivata la conferma. A tentare la vendita del piccolo è stato proprio il padre che ora rischia di perdere la patria potestà. Il bambino è stato affidato ai Servizi Sociali del Comune in attesa che il Tribunale dei Minori decida il suo futuro. La famiglia abita alle Salzare, il serpentone di cemento armato sul lungomare degli Ardeatini finito spesso sotto i riflettori per smaltimento illegale di rifiuti, spaccio di stupefacenti e roghi tossici sotto le finestre degli appartamenti.
Una zona completamente degradata dove centinaia di famiglie bosniache e rom vivono nelle case occupate e dove le condizioni igieniche e sanitarie sono disastrose. Intanto il padre, arrestato domenica dalle fiamme gialle dopo un inseguimento a piedi, è detenuto in isolamento nel penitenziario di Regina Coeli in attesa dell’udienza di convalida che si svolgerà nei prossimi giorni. Con i finanzieri che lo hanno ammanettato si è rifiutato di parlare. Ha solo detto l’età e l’etnia. Poi ha alzato un impenetrabile muro di silenzio. Davanti al magistrato dovrà rispondere di resistenza a pubblico ufficiale e sfruttamento della prostituzione minorile.
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Il Mattino