Brexit, la mossa di Corbyn: «Sì a un referendum bis»

Brexit, la mossa di Corbyn: «Sì a un referendum bis»
LONDRA - Il Labour di Jeremy Corbyn non esclude di sostenere un secondo referendum sulla Brexit, nel caso gli iscritti lo chiedessero a gran voce. L'apertura, seppur timida,...

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LONDRA - Il Labour di Jeremy Corbyn non esclude di sostenere un secondo referendum sulla Brexit, nel caso gli iscritti lo chiedessero a gran voce. L'apertura, seppur timida, rappresenta un passo avanti dopo i mesi di tentennamenti da parte del leader dell'opposizione, ideologicamente scettico sull'Unione europea ma a capo di un partito in cui, secondo un sondaggio di YouGov di sabato scorso, l'86% della base ritiene che sia fortemente necessario un «voto del popolo».

 
Se lo volesse, Corbyn potrebbe spostare gli equilibri in un paese precipitato nell'impasse a pochi mesi dall'uscita dalla Ue, in calendario per il 29 marzo del 2019. «Preferiremmo avere delle elezioni generali dopo le quali potremmo negoziare il nostro rapporto futuro con l'Europa», ha detto il politico socialista alla BBC nel giorno in cui si è aperto a Liverpool il congresso annuale del partito, che durerà fino a mercoledì. «Vediamo che cosa verrà fuori», ha spiegato, aggiungendo di essere «ovviamente vincolato dalla democrazia interna al partito». Ma secondo il leader del potentissimo sindacato Unite, Len McCluskey, un eventuale referendum non dovrebbe includere l'opzione di rimanere nella Ue, anche per evitare, come spiegato dal cancelliere ombra John McDonnell, di ridare linfa allo Ukip e alla xenofobia. Quanto questa opzione possa essere esclusa dai vertici del Labour dipenderà dalla formulazione della mozione che verrà sottoposta domani ai delegati e che difficilmente verrà scritta in maniera troppo vincolante per una leadership che sulla Brexit non ha voluto fino ad ora svolgere il suo ruolo naturale di ago della bilancia, come pure è stato chiesto a gran voce da personalità di spicco come il sindaco di Londra Sadiq Khan, che ha suggerito «un voto pubblico su qualunque accordo o un voto sullo scenario del no-deal, oltre all'opzione di restare nella Ue». Bisognerà vedere quanto le pressioni della base costringeranno Corbyn a modificare la sua rotta per evitare di finire in una posizione di debolezza anche davanti ai tesserati che fino a oggi lo hanno sostenuto. E che ieri hanno sfilato per le strade di Liverpool chiedendo un «voto del popolo» per evitare di danneggiare l'economia e mettere a repentaglio i posti di lavoro. Ad ogni modo il leader laburista ha annunciato di essere pronto a bocciare qualunque accordo raggiunto da Theresa May con Bruxelles qualora non risponda ai criteri fissati dal partito, rendendo la posizione della premier ancora più delicata dopo l'umiliazione ricevuta al vertice Ue di Salisburgo, dove il suo piano per la Brexit è stato definito impraticabile.


La May, che dovrà vedersela con il congresso del suo partito alla fine del mese, è sotto attacco anche da parte degli euroscettici che vogliono una Brexit più drastica, senza quelle regole comuni per i prodotti agricoli e manifatturieri proposte nella piattaforma presentata ai Chequers a luglio per evitare di dover mettere un confine fisico tra Irlanda e Irlanda del Nord. Davanti a equilibri che potrebbero cambiare da un momento all'altro, la May ieri ha denunciato coloro che vogliono «impedire la Brexit passo dopo passo e cercare di sfruttare il momento per ottenere guadagni politici», come a dire: l'unica chance di uscire dalla Ue sono io. Tanto che da ieri circola l'ipotesi di elezioni lampo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino