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L'omicidio del pachistano Adnan Siddique, commesso la sera del 3 giugno scorso, che si era ribellato denunciando i suoi caporali, è maturato nell'ambito dello sfruttamento di braccianti agricoli al centro dell'operazione Attila di carabinieri e polizia di Caltanissetta che hanno eseguito 11 arresti, connazionali della vittima. Un dodicesimo indagato è attualmente irreperibile. Per quel delitto sono stati arrestati sei delle persone destinatarie dell'odierna misura cautelare. Prima dell'omicidio la banda aveva commesso numerosi episodi di violenza nel Nisseno rendendosi responsabili, secondo l'accusa, di delitti contro la persona ed il patrimonio, in larga parte ai danni di loro connazionali a Caltanissetta e in paesi vicini alla città.
Caporalato, braccianti agricoli trattati come schiavi: arresti e denunce
E infatti era una vera e propria associazione per delinquere finalizzata ad imporre la propria egemonia sul territorio di Caltanissetta e, in particolare, sulla comunità pakistana.
Il gruppo, 11 pakistani, sono indagati, a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata al reclutamento ed allo sfruttamento della manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi (caporalato), estorsioni, sequestro di persona, rapine, lesioni aggravate, minacce, violazione di domicilio, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato. Secondo quanto emerso dalle indagini il gruppo di pakistani, da tempo residenti nel centro di Caltanissetta, «agendo con metodo paramafioso, ha assoggettato la comunità di appartenenza sottoponendola ad un regime di vessazione e terrore e sfruttandola professionalmente al fine di assicurare all'associazione continuità nel tempo». In carcere sono finiti Muhammad Shoaib, 27 anni; Muhammad Sharjeel Awan, 20 anni; Shujaat Ali, 32 anni; Muhammad Mehdi, 48 anni; Muhammad Nawaz,32 anni; Ali Imran, 28 anni, Ahmed Bilal, 23 anni; Ali Mohsin, 32 anni; Shedaz Khuram, 33 anni, Muhammad Arshad, 37 anni. Agli arresti domiciliari Giada Giarratana, 21 anni, casalinga di Canicattì (Agrigento).
Caporalato e lavoro nero, quattro aziende reatine nei guai
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