Altro che una sparatoria tra gang, come fu raccontato. I proiettili che una sera del novembre 2011 colpirono le finestre della Casa Bianca - quelle degli appartamenti...
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Per quell'episodio un uomo di 23 anni, Oscar Ortega-Hernandez, sta già scontando 25 anni di carcere, dopo aver confessato di aver voluto compiere un attentato contro il presidente. Quello che rivela il Washington Post sono gli errori di valutazione e le falle del Secret Service in quell'occasione.
Un racconto dettagliato che - se confemato - è destinato a infliggere un altro durissimo colpo al corpo di elite votato alla protezione della first family, già nella bufera per i recenti episodi di intrusi che hanno messo a rischio la sicurezza della Casa Bianca e, potenzialmente, l'incolumità degli Obama.
Ma quello che successe l'11 novembre 2011, era un venerdì sera, fu davvero incredibile. L'attentatore riuscì a fermare l'auto davanti alla residenza presidenziale e, aperto il finestrino, mirò con un fucile semiautomatico agli appartamenti presidenziali al secondo piano sparando diversi colpi, almeno sette. I proiettili volarono almeno per 640 metri sopra il giardino sud della Casa Bianca. Uno colpì una finestra blindata a pochi passi dalla sala da pranzo, un altro si conficcò sulla cornice di una seconda finestra, e altri rimbalzarono sul tetto facendo cadere pezzetti di legno e di calcinaccio. Barack e Michelle Obama non erano in casa. C'erano però la madre della first Lady e Sasha, la figlia più piccola del presidente. Mentre Malia, la figlia più grande, stava rientrando da una gita.
Uditi i colpi molti degli agenti e dei cecchini di guardia erano pronti a intervenire, ma inspiegabilmente arrivò l'ordine di stare fermi.
Il Mattino