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Il premier non fa scenari e tantomeno parla di rimpasti. Ma sia che Draghi vada al Quirinale sia che resti a Palazzo Chigi, la compagine del governo è destinata a cambiare. Come possibili guide dell’esecutivo, nel caso l’ex presidente della Bce traslochi sul Colle, il nome più gettonato in queste ore - al punto che alcuni esponenti di FdI, come il deputato Mollicone, mettono le mani avanti: «Non ci auguriamo che l’attuale ministro dell’Innovazione diventi premier» - è quello di Vittorio Colao, considerato insieme a Marta Cartabia un continuatore dell’agenda Draghi senza Draghi e una figura di garanzia per il cammino del Pnrr e il varo delle riforme connesse. Sarebbe un governo con nuovi innesti quello targato Colao (o quello Cartabia) ma anche se dovesse restare Draghi a Palazzo Chigi - e al momento nessuno sa quale sarà la sua destinazione - l’esecutivo avrà le porte girevoli con ministri che escono e ministri new entry.
Nei Palazzi della politica, la composizione della squadra di governo 2022-2023 con o senza Draghi è al centro dei desiderata dei vari partiti e dei ragionamenti in corso. Non tanto per il cosiddetto «esecutivo dei leader» che i due Mattei - Salvini e Renzi - vedono bene ma è un’ipotesi che non sta spopolando tra gli altri. Quanto per un governo di continuità con quello tecnico-politico di Draghi e l’aggiunta di un peso maggiore dei partiti o comunque di figure diverse da quelle viste finora. La voce su Tajani ministro si sta facendo insistente. E intanto dei tre attuali titolari forzisti di dicastero, esponenti di quel berlusconismo se non critico di sicuro non sempre allineato senza se e senza ma, resterebbe - secondo chi ha le mani in pasta nel grande ricambio - la sola Maria Stella Gelmini. Chi difficilmente figurerà nel post-Draghi o nel nuovo Draghi in salsa Colao o Cartabia, è Luciana Lamorgese.
Salvini vuole per sé il Viminale, il che non significa tornarci personalmente, ma essere di nuovo il perno della narrazione della lotta anti-sbarchi. Il ministero dell’Interno come luogo cruciale, per la Lega, da dove rivaleggiare con FdI in vista del voto del 2023. E ancora: nella casella altri ministri uscenti ci sarebbero Cingolani (lui stesso più volte ha detto che il suo compito lo ha concluso) e Giovannini (gran ritorno della dem De Micheli ai Trasporti?). Del Pd inamovibile Guerini, che alla Difesa ha ben meritato secondo tutti, mentre tra Orlando e Franceschini si dovrà fare spazio a una donna (in linea con il femminismo lettiano). Capitolo 5 Stelle: è data per scontata la permanenza di Di Maio alla Farnesina, mentre Conte aspira a piazzare in consiglio dei ministri due fedelissimi al posto di D’Incà e della Dadone (si dovrebbe salvare Patuanelli): sarebbero Mario Turco e Alessandra Todde.
Alla girandola ministeriale si sta insomma lavorando, ma il Quirinale ovviamente è la priorità.
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