OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
All’interno dell’Ufficio condoni del Campidoglio c’era una sezione parallela che, su commissione e illegalmente, gestiva le pratiche manipolando le richieste e facendo ottenere concessioni e sanatorie non dovute. Sono due le inchieste della Procura di Roma su questa procedura illecita: gli indagati sono in tutto 60 e, sommando i fascicoli, i dipendenti pubblici accusati di corruzione sono addirittura 16. In 12 sono della società Risorse per Roma - interamente partecipata dal Campidoglio -, tre erano in servizio all’Ufficio condoni e uno all’Agenzia delle entrate. Tra i clienti ci sono anche nomi noti, come quello del gestore di un famoso ristorante romano, frequentato da vip e calciatori.
La procedura
L’ultimo fascicolo chiuso dagli inquirenti - il pm Carlo Villani ha notificato agli indagati un avviso di conclusione delle indagini - riguarda 20 persone. In questo caso il sistema era gestito da Marco Ursini, funzionario del Campidoglio, assegnato all’Ufficio condono edilizio. Avrebbe ricevuto da decine di soggetti regali e soprattutto denaro per verificare abusivamente lo stato delle pratiche e spingerle su una corsia preferenziale, spesso falsificando la documentazione per fare ottenere concessioni e sanatorie.
Il ristoratore
Indagato anche Francesco Testa, titolare del noto ristorante Checco allo Scapicollo, frequentato da vip e calciatori. Con l’intermediazione del tecnico Paolo Dattero avrebbe promesso e consegnato a Ursini e alla Berardi denaro per «sanare abusi edilizi effettuati sul complesso immobiliare appendice al locale». Il problema era che «l’edificazione delle opere era avvenuta fuori termine», secondo l’accusa. Emerge anche dalle intercettazioni: «Hanno fatto il condono dell’85 con le opere fatte nell’88... è troppa cubatura... Bisogna trovà un metodo, non lo salva manco la penicillina», dicono alcuni indagati. Secondo il pm, il dipendente del Comune avrebbe «concordato di attivarsi per procurare fatture false al fine di sostenere la realizzazione delle opere entro i termini di legge», mentre la Berardi lo incalzava: «Tutto quello che si può inventare... tocca inventarselo». Per gli inquirenti il tecnico avrebbe firmato una relazione corredata da «riprese aeree» storiche commissionate a una società, per dimostrare che «gli abusi erano iniziati già a partire dal 1980», quindi entro i termini di legge. I fatti risalgono all’estate del 2017.
Leggi l'articolo completo suIl Mattino