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Il nome scelto per battezzare l’ultima operazione della Divisione Anticrimine della Questura non è stato casuale. “Ragnatela”, così è stata nominata l’attività di sequestro preventivo di beni per 3 milioni di euro svolta ai danni due uomini legati a doppio filo con la famiglia Piromalli, storica ‘ndrina calabrese. Dal sud a Roma attraverso quella “ragnatela” per l’appunto che ha tra i suoi punti di forza il riciclaggio di soldi sporchi.
Case, appartamenti, conti corrente, polizze assicurative e pure un albergo ristorante a Rocca di Papa che probabilmente - ma su questo è in corso ancora un’attività - veniva utilizzato come base per pulire il denaro sporco.
Gli uomini, risultati intestatari di questi beni pur avendo però dichiarazioni non corrispondenti, allora sono due: Agostino Cosoleto, 62 anni, esponente della famiglia Mammoliti di Castellace (frazione del Comune di Oppido Mamertina) nonché imparentato con un’altra storica ‘ndrina della piana di Gioia Tauro, quella dei Molè. Cosoleto si è sposato con la figlia di uno dei boss. L’uomo secondo le verifiche svolte è stato accusato di bancarotta fraudolenta e di impiegare capitali illeciti in attività economiche, gestite con modalità fraudolente, al fine di massimizzarne i profitti. Poi c’è l’altro, il romano, con un passato “glorioso” tra le fila della mala capitolina ai tempi della banda della Magliana: Gianfranco Fornari, classe 1942, con un processo in corso per usura e legami datati con coloro che sono stati considerati, ai tempi che furono, i cassieri di “Cosa nostra” e della Camorra operativi nella Capitale.
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Entrando nel dettaglio i beni sottoposti a vincolo, comprendono anche le partecipazioni di una società di capitali con sede a Roma, diversi appartamenti, locali commerciali nella zona di San Paolo, l’albergo di Rocca di Papa ma anche appartamenti a Gioia Tauro, una polizza assicurativa del valore di 150 mila euro nonché numerosi rapporti creditizi. Su l’intero compendio è tuttora in corso l’attività di verifica. Solo nel luglio del 2019 sempre l’Anticrimine aveva firmato un altro maxi sequestro ai danni della ‘ndrangheta per un valore di oltre 120 milioni di euro. L’operazione fu svolta nell’hinterland a nord di Roma e colpì direttamente gran parte degli esponenti di spicco della ‘ndrina Morabito-Mollica-Palamara-Scriva, originaria di Africo (RC) insediatisi tra Rignano Flaminio, Morlupo, Campagnano Romano e Grottaferrata a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. All’epoca furono sequestrati tra Roma e provincia più di 170 immobili e si potè dimostrate l’infiltrazione della ‘ndrina in diverse attività: dalle aziende che commerciavano fiori ai supermercati, dalle società specializzate nella vendita di legna da ardere agli allevamenti di bovini.
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