Sergio Mattarella non ha apprezzato il teatrino andato in scena a palazzo Giustiniani. Con Matteo Salvini che annuncia a inizio pomeriggio l'eclissi dei veti e di avere...
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Una sceneggiata deprimente, una replica identica di ciò che era avvenuto giovedì scorso, seguita dal capo dello Stato in diretta televisiva. Lo stallo infatti è confermato. Anzi, certificato davanti alla presidente del Senato. E tutto torna al punto di partenza. Come un trito e irritante gioco dell'oca, con la pazienza presidenziale ormai al lumicino.
Sul Colle è ormai evidente che l'ipotesi (e la trattativa) tra la coalizione più forte (il centrodestra) e il partito più votato (i 5Stelle) è ormai al capolinea. Game over. Perché Salvini e Di Maio, mandando prima segnali di un possibile accordo e poi facendoli naufragare, hanno riportato le lancette dell'orologio alla scorsa settimana. Il giorno in cui il Presidente lanciò il suo ultimatum: o mi date qualche notizia nella direzione di un'intesa, oppure deciderò io.
Prima di stabilire la prossima mossa, Mattarella aspetterà però che questa mattina il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati vada a raccontargli i dettagli della sua brevissima esplorazione nel perimetro dei «semi vincitori». Poi il capo dello Stato si prenderà il week-end per riflettere sul fallimento dell'ennesimo lavoro di scouting. E lunedì tirerà le somme. Probabilmente con un mandato esplorativo al presidente della Camera, il grillino Roberto Fico. Ma al Quirinale avvertono: questa scelta di simmetria istituzionale non è da considerarsi automatica.
Se non è automatico, il mandato al pentastellato più amato tra i dem (non renziani) è però il più probabile. Fico, esponente del partito che ha preso più voti e del gruppo parlamentare più numeroso, potrebbe esplorare la possibilità di un accordo con il Partito democratico.
Del resto, lo stesso Di Maio ha più volte detto di avere a disposizione due forni: la Lega, che però non sembra (per ora) volersi affrancare da Berlusconi spaccando il centrodestra. E il forno del Pd, appunto.
Anche questa partita però si annuncia irta di ostacoli. Infarcita di trabocchetti e veti. Così sul Colle non escludono che pure questa eventuale esplorazione possa chiudersi con un fallimento. E con un problema ulteriore: Di Maio, nonostante le smentite, teme che l'esponente dell'ortodossia grillina possa scippargli palazzo Chigi. E Mattarella non ha intenzione di innescare dinamiche deflagranti tra i 5Stelle, capaci di complicare ulteriormente una situazione già incancrenita e impantanata. Ma non vuole neppure (in queste ore) concedere un preincarico a Di Maio, dato che l'intesa tra 5Stelle e la Lega sembra arenarsi di fronte alle parole del capo leghista: «Il governo non lo fai solo con me, ma con tutto il centrodestra».
Sul Colle al momento non fa presa neanche l'altro annuncio serale di Salvini: «Al governo ci penso, lo faccio io». Perché vale il discorso di prima: se davvero il segretario lumbard non vuole scaricare Berlusconi e tantomeno fare un accordo con il Pd, a cosa servirebbe affidargli un preincarico? Forse a far precipitare il Paese verso le elezioni. Non a caso Salvini chiosa: «Se va male, si va a votare».
È questo l'epilogo che Mattarella vuole assolutamente evitare. Perché senza cambiare la legge elettorale il risultato delle urne sarebbe simile. E anche la paralisi successiva. Perché senza approvare la legge di bilancio, si rischierebbe l'esercizio provvisorio e conseguenti tempeste finanziarie. Ecco perché c'è chi sospetta che Salvini punti al governo di tutti. Ma per restarci fuori. E lucrare dai banchi d'opposizione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino