Coronavirus, Sos degli operatori funebri, rischi altissimi chi manipola e veste le salme

Coronavirus, Sos degli operatori funebri, rischi altissimi chi manipola e veste le salme
Gli addetti alle onoranze funebri che si trovano a gestire le salme delle persone morte di coronavirus, predisponendole a essere cremate, hanno paura del contagio. Bergamo,...

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Gli addetti alle onoranze funebri che si trovano a gestire le salme delle persone morte di coronavirus, predisponendole a essere cremate, hanno paura del contagio. Bergamo, Cremona, Piacenza, Brescia, Verona. Il timore ormai serpeggia tra gli addetti, visto l'altissimo numero di decessi dovuti al Covid-19. Eppure il lavoro delle pompe funebri spesso passa inosservato e non ha ancora uno specifico riconoscimento sul rischio attuale visto che gli addetti manipolano direttamente decine di salme al giorno, provvedono alla vestizione dei cadaveri, sia nelle case private che negli ospedali, il trasferimento dei resti mortali fino al cimitero, sempre a contatto con oggetti contaminati. Tutto questo rende ogni operazione una incognita, un incubo e non sempre il materiale a disposizione viene giudicato idoneo.


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La protesta è iniziata a Verona dove il tema è stato sollevato con forza dagli addetti della città scaligera in rappresentanza di tutti i lavoratori della zona. La lettera è rivolta ad Annamaria Furlan, segretaria della Cisl. La prima cosa che evidenziano riguarda «il rischio dovuto alla manipolazione della salma e anche essere a contatto con liquami. In caso di cadavere già nella fase iniziale di decomposizione, è da ritenersi elevato (…) a causa del lungo periodo di sopravvivenza dei virus in ambiente esterno nonché dell'elevato potere infettante». 
Matteo Marcheluzzo - socio dipendente di un’azienda comunale di Verona che si occupa di onoranze funebri da 18 anni – non fa mistero della situazione sempre più difficile, non solo per l'alto numero di decessi ma per la cura igienica che necessitano delle salme, la vestizione e la tanatoprassi presso ospedali, obitori comunali, case di riposo e abitazioni private. Senza contare lo stress. C'è chi ormai lavora 24 ore su 24. 

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Nella emergenza, spiega Marcheluzzo, nell' elenco dei lavori utili - dottori, infermieri, farmacisti, commessi di alimentari ed altre professioni- hanno totalmente dimenticato della professione di operatore funebre, nonostante che le parole morti e morte vengano ripetute spesso. «Ci sentiamo come l’ultima ruota del carro, da una parte necessari ma dall’altra da tenere scaramanticamente lontani. Siamo preoccupati non tanto per quanto riguarda le salme dichiarate infette che hanno una procedura precisa: non si posso vestire e vengono consegnate a noi dalle aziende ospedaliere dentro un sacco, noi dobbiamo mettere un lenzuolino e spargere all’interno del feretro un disinfettante; a queste procedure e alla chiusura del feretro i familiari del defunto non possono assistere. Subito dopo viene eseguito un trasporto dalle celle degli ospedali al luogo di destinazione (forni crematori e cimiteri)». La preoccupazione degli addetti riguarda soprattutto le salme potenzialmente infette «prelevate dalle abitazioni private e dalla pubblica via, per poi procedere alla cura igienica e alla vestizione. Durante queste fasi abbiamo un contatto ravvicinato con la salma e con i possibili liquidi e gas che fuoriescono dalla stessa e non sappiamo se sono salme infette perchè nessuno ha mai fatto loro alcun tampone». 

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Durante le operazioni si usano tute e guanti usa e getta, occhiali protettivi e mascherine, «purtroppo però di quest’ultime ne abbiamo a disposizione un numero esiguo dato dal mancato approvvigionamento». A riguardo è stata chiesta anche la costituzione del comitato di gestione del protocollo del 14 marzo. «In questi giorni chiederemo il riconoscimento di infortunio inail in caso di contagio come è stato fatto per gli operatori del Servizio Sanitario Nazionale». Il settore a livello nazionale dà lavoro a 25 mila addetti. Ogni anno le 6 mila imprese funebri si ritrovano alla Tanexpo, la fiera sull'arte funeraria a Bologna. Un settore che non conosce crisi visto che in Italia muoiono ogni anno oltre 600 mila italiani. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino