«Noi siamo stati la Wuhan d'Italia». La situazione dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo continua a migliorare, di giorno in giorno, rispetto a...
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TEST SERIOLOGICI. Da giovedì, il 23 aprile, a Bergamo partono i test sierologici, e i primi a essere sottoposti all'esame saranno gli operatori sanitari. «Speriamo. Ci daranno una mano per liberare in maniera scientifica il nostro Paese, per mappare un pò di più i contagi, per far lavorare il personale sanitario in sicurezza. È importante che noi in prima persona non facciamo danni ai pazienti: dovremmo essere testati tutti e non sarà facilissimo». La fine del lockdown il 4 maggio, secondo il primario, non è azzardata. «Un medico che non capisce che va considerato anche l'aspetto economico, produttivo e di sostentamento delle persone non vive nel mondo ma in un laboratorio. Se il problema economico non esistesse, si potrebbero fermare tutti fino a zero contagi, e io penso che ci vogliano altri due mesi per avere contagi zero (in Lombardia, ndr), ma tra due mesi il 30% delle aziende ha chiuso e non aprirà più: si deve trovare una mediazione corretta a questo. Avere tamponi e test sierologici mi sembra un modo abbastanza intelligente per ripartire».
L'ospedale alla Fiera di Bergamo costruito dagli alpini vi è servito? «Noi l'abbiamo fatto funzionare. Ci sono dentro 53 pazienti, anche intensivi. Abbiamo un reparto, una terapia intensiva e subintesiva. Ha fatto il suo mestiere. Avremmo voluto averlo prima? Sicuramente avrebbe fatto ancora meglio, ci avrebbe aiutato a svuotare l'ospedale. E potrebbe essere intelligente averlo in futuro. Vogliamo tornare a fare della clinica 'non covid': le persone continuano ad avere tumori, aneurismi..».
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CURARE I COLLEGHI.
Il Mattino