Da imprenditore a infermiere: «Quando ho visto il sacrificio dei colleghi ho deciso di combattere»

GUBBIO Dal bed & breakfast alla trincea, in mezzo a quanti lottano in prima linea contro il coronavirus. Una scelta di vita, di quelle toste che all'improvviso vuoi fare...

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GUBBIO Dal bed & breakfast alla trincea, in mezzo a quanti lottano in prima linea contro il coronavirus. Una scelta di vita, di quelle toste che all'improvviso vuoi fare perché senti di dover fare di più e dare agli altri qualcosa di te, decisa nel giorno in cui scopri il sacrificio di tanti colleghi infermieri come lui. Quarantadue anni, eugubino, Luca Morelli ha fatto un cambio drastico:  lasciare l'attività ricettiva cittadina per salire a Milano alla Fondazione Don Carlo Gnocchi ad assistere i degenti usciti dalla crisi più acuta della malattia. L'hanno spinto la ferrea volontà di dare una mano e il coraggio di mettersi in gioco tornando alla sua precedente professione di infermiere, abbandonata a un certo punto qualche anno fa per percorrere altre strade e poi volutamente ritrovata in questa emergenza.

Morelli, ha fatto la valigia e si è presentato a Milano?
«Sì, volevo cambiare il corso della mia storia. Ho raggiunto una delle zone più colpite da questa terribile maledetta emergenza, pronto a trovare posto al reparto Covid-19 per soggetti cosiddetti sub-acuti usciti dalla fase più critica. Ho raggiunto la Lombardia attraversando più che un'autostrada quasi un deserto tra poche auto, un po' di camion e gli autogrill aperti con pochissima gente. Ho trovato una città fantasma. Poi ho visto una situazione drammatica e con quella mi sono subito misurato per fare la mia parte. E' un tragedia di proporzioni bibliche».
E' stato qualcuno a spingerla?
«Ho sentito il cuore ancor prima della ragione, con tutta la consapevolezza di correre dei rischi. Lo faccio per un senso di responsabilità solidale e sociale, bisogna interrogarsi su quanto sta succedendo e cercare di venire incontro alle esigenze ciascuno per propria parte. Tanti colleghi si sono sacrificati. Ora è in discussione l'intero sistema Paese e non si può restare a guardare, ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo. L'ho deciso e l'ho fatto con umiltà e semplicità mettendo a disposizione le competenze».
Questo è il suo nuovo futuro, anche quando tutto sarà finito?
«Ho il contratto fino al 10 settembre, poi si vedrà. Avrò pure tempo e modo di ripensare la mi vita, compreso il modo di fare impresa non avendo dubbi che questa è la crisi peggiore del dopoguerra e che “nulla sarà più come prima».
Interrogarsi su cosa lo circonda è una cosa di famiglia, ripensando all'impegno civico del compianto padre Giuseppe Morelli, trascorsi caratterizzati da un forte impegno politico e di amministratore come sindaco di Costacciaro, comune del comprensorio eugubino-gualdese nella fascia appenninica, e presidente della Comunità montana Alto Chiascio.
Ha messo tutto se stesso in questa scelta?

«Ci sono dentro anima e corpo in questa decisione. Ho guardato ben oltre l'attività ricettiva per affrontare un'esperienza presa dal passato e riportata nel presente. Le scelte di vita sono sempre precarie e bisogna vivere senza aver paura mettendo al primo posto i propri ideali di rinascita e riscatto. Mai avrei pensato di tornare a fare l'infermiere, ero totalmente assorbito dall'attività imprenditoriale che volevo sviluppare. Cambia tutto adesso e io mi sento un'altra persona. In fondo tutti noi siamo diversi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino