Caos mascherine contro il coronavirus. Dal progetto di prezzo calmierato fino alle inchieste su forniture fantasma e dispositivi importati e messi in commercio nonostante fossero...
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I PREZZI
Intanto prosegue la polemica sui prezzi calmierati a 50 centesimi, previsti per la fase 2. Il rischio è che il progetto diventi un boomerang se non si riesce a controllare anche l'intera filiera di produzione, a partire dalle materie prime. La preoccupazione è stata sollevata dagli stessi imprenditori che negli ultimi 40 giorni - in 108 - hanno risposto all'invito del Governo a convertire o ad aumentare le linee di produzione a disposizione della Protezione civile. In 5 hanno già sottoscritto accordi in grado, secondo il cronoprogramma del commissario Domenico Arcuri, di fornire 660 milioni di mascherine, al prezzo medio di 0,39 cent, che oscillerà a seconda del tipo di prodotto, durante i sei mesi di contratto. «Stare dentro quei prezzi - dice Fabio Franceschi, presidente di Grafica Veneta, ideatrice delle mascherine personalizzabili adottate in Veneto - è difficile. Con quei prezzi imposti nessuno potrà specularci. E noi aziende che ci siamo messe a disposizione lo facciamo davvero per aiutare».
LA CATENA
La materia prima principale è il non tessuto, di cui le aziende si riforniscono principalmente dall'estero. Le ditte produttrici italiane, al momento, non sono in grado di supportare l'enorme domanda di mercato interna, per questo gli imprenditori hanno chiesto di fare partire nuovi impianti e di intervenire anche qui con prezzi stabiliti. «Altrimenti saremmo costretti a rivolgerci ai mercati esteri», spiegano alcuni manager di settore. Ora uno degli obiettivi della task-force di Arcuri, è di chiudere l'intera catena della produzione in Italia.
I distributori farmaceutici Adf e Federfarma Servizi, intanto, sono sul piede di guerra, sostengono che «il costo d'acquisto e/o importazione in Italia è di gran lunga superiore» ai 50 centesimi. Il rischio è che molti rivenditori non inoltrino più nuovi ordini e che farmacie e negozi non abbiano mascherine da vendere. Mentre Fi si chiede «come si pensa di mettere in condizione di restare sul mercato le aziende che hanno avviato la produzione». Ieri Arcuri ha spiegato di avere «emanato un'ordinanza che ha fissato il prezzo massimo di vendita al consumo nell'esclusivo interesse dei cittadini, e non il prezzo massimo di acquisto, perché il mercato non è ancora pronto». Ha poi annunciato che da lunedì «potremmo distribuire 12 milioni di mascherine al giorno, tre volte l'attuale fornitura. Dal giugno arriveremo a 18 milioni, da luglio a 25 milioni e a settembre potremmo distribuirne 30 milioni, 11 volte quel che distribuivamo all'inizio dell'emergenza». Una strategia è di arrivare a immettere nel mercato un massiccio quantitativo di mascherine distribuendole gratuitamente attraverso i canali dei monopoli di Stato (edicole, tabaccherie).
LE IMPRESE
Ma chi sono le cinque aziende che hanno già firmato il contratto? C'è la padovana Grafica Veneta spa, che ha inventato una particolare mascherina «filtrante al 98%, avvolgente, personalizzabile»; la Mediberg di Calcinate (Bergamo), leader nella produzione di dispositivi sanitari, con stabilimenti a contaminazione controllata, amministratore unico è l'ex presidente della Compagnia delle Opere di Bergamo, Rossano Breno; la Fab spa del Gruppo Grazioli specializzata nella progettazione e produzione di dispositivi di protezione individuale sul lavoro; il Gruppo Triboo, una ati tra Triboo Digitale Srl e l'azienda tessile milanese Marobe Srl; infine la catanese Parmon spa, l'unica al Sud, importante azienda di riferimento per la grande distribuzione di pannolini per bambini e assorbenti, la quale produrrà anche le mascherine per i bimbi.
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Il Mattino