Città del Vaticano - «Le misure drastiche non sono sempre buone». Da Papa Francesco arriva un riferimento critico al provvedimento di chiudere tutte le chiese...
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Esattamente 7 anni fa veniva eletto nella Cappella Sistina e si presentava alla Loggia della basilica con la folla che lo applaudiva: «fratelli se sorelle buonasera».
L'ingresso nel settimo anno di pontificato oggi è una strana ricorrenza, insolita e singolare. Attorno a lui non ci sono più i gruppi, le comitive, le folle che lo osannavano, in piazza san Pietro l'Angelus viene fatto a porte chiuse nel deserto più totale e così anche l'udienza. Lui che amava tanto il contatto con la gente, stringere le mani alle 'abuela', le nonne, baciare i neonati, accarezzare i ragazzini, scherzare con le giovani coppie. Tutto questo ha lasciato spazio all'immagine di un pontificato radicalmente diversa.
Il coronavirus è come una specie di 11 settembre per la Chiesa anche se il Papa sta facendo di tutto per non amplificarne gli effetti. Finora ne ha parlato ma senza enfasi, ha pregato, ha invitato alla preghiera ma facendo presente che in una scala di valori emergenziali la pandemia è qualcosa che va collocato dietro la grande tragedia dai bambini di Idlib sotto le bombe o dei migranti ammassati tra la Turchia e la Grecia. Lo ha detto chiaramente anche domenica. «Sono loro la priorità».
Come se volesse invitare a tenere lo sguardo fisso sull'essenziale. Probabilmente quest'anno salteranno tanti viaggi in agenda ma non ancora annunciati. Non si sa se verrà fatto quello in Asia, per esempio o anche quello a Malta a maggio. E poi in mezzo c'è a rischio persino la Pasqua perché attualmente nessuno riesce ad avere la sfera di cristallo e prevedere si uscirà dal tunnel. Il Papa che invocava ad andare nelle periferie, a varcare i confini per toccare chiunque, è costretto a ripiegare nel lo streaming.
La celebrazione ora è senza alcun contatto con i fedeli. Stamattina ha chiesto di pregare per i malati ma soprattutto per preti e vescovi che non possono fare altro che osservare da lontano e celebrare la messa da soli senza portare il conforto a quegli anziani che nel parroco trovavano un punto di riferimento o anche la speranza, specialmente nei paesi o nelle periferie. «Vorrei pregare per i pastori che devono accompagnare il popolo di Dio in questa crisi». Nella omelia ha invece insistito sul concetto di clericalismo, un tema che ricorre spesso nella sua predicazione, un male che affligge il clero quando si dimostra rigido alle regole e poco attento alla umanità.
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Il Mattino