Da accusatore ad accusato, Biden come Trump: documenti “top secret” nel suo ufficio privato

Cosa facevano questi file fuori dai palazzi istituzionali? Potrebbe essere reato

Joe Biden
Da accusatore ad accusato. Joe Biden non ha mai smesso di puntare il dito contro Donald Trump. Ora però i riflettori, e...

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Da accusatore ad accusato.

Joe Biden non ha mai smesso di puntare il dito contro Donald Trump. Ora però i riflettori, e gli imbarazzi, sono puntati dritti su di lui.

La faccenda si fa più che seria e riguarda una lunga schiera di documenti “top secret” trovati nel suo ufficio privato del Centro Penn Biden per la Diplomazia e per l’Impegno Globale. Trovati cioè, per rimarcarlo con parole ancora più chiare, là dove non sarebbero dovuti mai stare.

L’onnipresente figlio Hunter, per il quale si ipotizzava un importante incarico addirittura prima che lo stesso Centro nascesse. E poi la Cina, con le sue corpose donazioni all’Università della Pennsylvania, che ospita il think tank e di cui Biden era professore onorario nelle vesti di numero due di Barack Obama. E poi infine Ucraina, Iran e Regno Unito, con una pila di carte classificate proprio dall’intelligence americana.

Chi più ne ha più ne metta, insomma.
Tutti temi, e tutti affari, delicatissimi.

Che cosa ci facevano questi “file” fuori dalle mura dei palazzi istituzionali?

Non una semplice domanda, bensì, per la legge degli Stati Uniti, un possibile reato.
Reato identico a quello imputato a Trump per i documenti che si è portato via in Florida, nella sua residenza di Mar-a-Lago.

Una questione che dalle pagine dei giornali si riversa direttamente nella politica del Congresso.

Con i repubblicani pronti a dare battaglia, specie dal fronte della Camera dei rappresentanti, di cui oggi detengono la maggioranza (222 seggi contro 212, ndr).
Commissione d’inchiesta e procuratore speciale per chiedere al Ministero del Tesoro di indagare sulle transazioni finanziarie dell’intera famiglia Biden, per inchiodare l’attuale presidente in un’udienza pubblica che coinvolga pure gli allora vertici di Twitter, social network che si sarebbe reso colpevole di coprire certe mosse e certi elementi che avrebbero potuto danneggiare l’immagine e l’ufficio del Commander in Chief, specie a ridosso delle recenti elezioni di midterm.

Grosso guaio a Washington, dunque.
E tante ombre su una Casa Bianca già assai poco luminosa.

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Il Mattino