Ddl Zan, maggioranza divisa: in aula sarà conta al buio

Ddl Zan, maggioranza divisa: in aula sarà conta al buio
Nel merito del testo, al confronto sulle possibili mediazioni, non ci si è proprio arrivati. Un giro di riunioni non è servito a evitare il muro contro muro. Dunque,...

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Nel merito del testo, al confronto sulle possibili mediazioni, non ci si è proprio arrivati. Un giro di riunioni non è servito a evitare il muro contro muro. Dunque, oggi l'aula del Senato voterà sul ddl Zan, il disegno di legge contro le discriminazioni e le violenze legate all'omotransfobia e all'abilismo. O meglio, si esprimerà sulla cosiddetta tagliola, ovvero la richiesta fatta da Fratelli d'Italia e Lega di chiedere «il non passaggio agli articoli». Se viene accolta, il provvedimento è affossato. Ma a rendere questo passaggio una vera e propria scommessa al buio, ci sarà anche il voto segreto. 

Ed è precisamente su questo punto che si è andata a infrangere ogni possibilità di trovare un accordo. Dopo aver aperto domenica scorsa alla possibilità di modifiche del testo, infatti, Enrico Letta ha chiesto che il Carroccio in particolare dimostrasse la propria buona fede ritirando la tagliola: «Sarebbe uno schiaffo alla società italiana che vuole che ci sia una risposta ai temi che il ddl pone». 

Per tutto il giorno a palazzo Madama si sono susseguite riunioni su riunioni fino ad arrivare a quella che avrebbe dovuto essere decisiva, ovvero l'incontro convocato dal presidente leghista della commissione Giustizia, Andrea Ostellari. Avrebbe dovuto mettere intorno a uno stesso tavolo tutta la maggioranza, proprio per cercare di arrivare al testo della possibile mediazione. Alla fine però la riunione è stata disertata da M5S e Leu, che pretendevano prima di ogni altra cosa il ritiro della richiesta di non passaggio agli articoli. Ha partecipato, invece, il Pd con la capogruppo Simona Malpezzi. Ma nessun passo in avanti è stato fatto. 

Anzi, dall'esterno della commissione si udivano chiaramente i toni concitati e nient'affatto costruttivi della discussione. Impossibile per i dem accettare qualsiasi possibilità di modifica del testo prima di avere la garanzia che non ci sarebbe stata la tagliola. Diversamente l'operazione avrebbe rischiato di essere lose-lose, praticamente una trappola.

Nel merito del testo non ci si è entrati anche perché all'incontro il Carroccio si è presentato con la richiesta di rinviare l'esame del provvedimento di una settimana. Opzione che trovava d'accordo anche Forza Italia e i renziani, che ormai da mesi sostengono che così com'è il testo non avrà mai i numeri per essere approvato a palazzo Madama. Contro l'ipotesi di slittamento però il Pd ha alzato un muro.

A dirimere la questione ci ha pensato dunque la capigruppo. Alla fine il calendario resta com'è, si vota oggi a partire dalle 9.30. 

Tra i dem c'è la convinzione che alla fine non ci saranno scherzi perché nessuno vuole assumersi il peso di mandare al macero una legge «che il Paese aspetta», ma c'è anche la consapevolezza del rischio che si corre. Comunque vada a finire, è già partito il giochetto del dare la colpa all'altro per il naufragio della mediazione. Per Davide Faraone di Italia viva, «è da irresponsabili aver deciso di andare subito in aula senza trovare prima un accordo, occorreva fare un rinvio di una settimana per entrare nel merito del provvedimento cercando un'intesa».

Ma per il Pd, Leu e M5S la richiesta di rinvio era solo un modo per arrivare dritti dritti alla sessione di bilancio, mettendo il ddl Zan su un binario morto. Nient'affatto, replica il presidente dei senatori del Carroccio, Massimiliano Romeo: «La proposta era funzionale al fatto di vedere se in questa settimana si poteva trovare un accordo. Noi non ritiriamo nulla, perché la forzatura che avete fatto voi di portare il testo direttamente in aula ci ha dato la possibilità di usare gli strumenti a nostra disposizione». 

I punti più discussi del ddl Zan riguardano gli articoli 1, 4 e 7. Il primo, in particolare, presenta una serie di definizioni, fra cui quella più controversa è relativa all'identità di genere e parla di «identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall'aver concluso un percorso di transizione».

L'articolo 4 si occupa del confine fra libertà di espressione e le discriminazioni sanzionate dal ddl: secondo chi avversa la legge potrebbe limitare la libertà di espressione nonostante sia stata inserita una apposita clausola salva-idee. Infine, l'articolo 7 istituisce una Giornata nazionale contro l'omotransfobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia da celebrare anche nelle scuole, con una formulazione che lascia autonomia agli istituti. Per il centrodestra però la questione non deve coinvolgere i bambini. 

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Il Mattino