L'allarme del cardinale Ruini: «L'Italia non fa più figli va verso la catastrofe»

L'allarme del cardinale Ruini: «L'Italia non fa più figli va verso la catastrofe»
Città del Vaticano - Il cardinale Camillo Ruini torna a lanciare l'allarme delle culle vuote. Lo fa a margine di un convergno rivolgendo agli italiani un messaggio di...

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Città del Vaticano - Il cardinale Camillo Ruini torna a lanciare l'allarme delle culle vuote. Lo fa a margine di un convergno rivolgendo agli italiani un messaggio di speranza, spronandoli ad andare avanti e a fare figli. "Bisogna avere fiducia nella vita nascente, lo dico per l'Italia soprattutto perchè l'Italia che non fa più bambini va incontro alla vera catastrofe". Il tema delle culle vuote l'ex presidente della Cei, 88 anni da poco compiuti, in passato lo ha affrontato decine di volte, mettendolo al centro del grande progetto culturale della Cei. Stavolta ne parla presentando il libro di Eugenia Roccella, "Eluana non deve morire", ospitato dalla Fondazione Magna Charta


«Il caso Englaro è chiuso ma adesso la Corte Costituzionale ha chiesto al Parlamento di pronunciarsi entro il 24 settembre. In mancanza di quel pronunciamento la corte stessa dovrebbe introdurre l'eutanasia» dice il cardinale Ruini. «Quello che adesso già è implicito si potrà rendere esplicito: il rischio è l'eutanasia stessa, questo è il grande problema cioè aiutare le persone a morire invece che aiutarle a vivere. Sul caso Englaro non c'era nessun accanimento terapeutico, Eluana aveva solo bisogno di mangiare e bere. Lì è stata fatta una grande mistificazione». 


Ruini affronta poi il legame tra fede e cultura e lo declina in campo politico, rilevando l'irrilevanza dei cattolici. «Troppe volte questo rapporto viene meno e posizioni oggettivamente incompatibili con la dottrina cattolica vengono assunte e anche rivendicate da persone che si dicono e intendono essere sinceramente cattoliche. Ciò accade non solo in Italia ma in molti altri Paesi, ad esempio negli Stati Uniti d’America, dove i dibattiti di etica pubblica sono più frequenti e più vigorosi che da noi. In casi del genere la fede non riesce a essere ciò che dovrebbe: un fondamentale criterio di indirizzo e di orientamento per la nostra vita e le nostre scelte. I criteri di questo tipo - spiega il cardinale  - sono una dimensione basilare della cultura e si possono ritrovare in un analfabeta non meno che in un intellettuale. Anziani contadini che ho conosciuto nella mia giovinezza erano esempi viventi di tutto ciò. Se non cresceremo sotto questo profilo siamo condannati, come cristiani, a una crescente irrilevanza o insignificanza, tale da paralizzare le nostre capacità di testimoniare e di agire efficacemente, non solo nella sfera pubblica ma anche in quella personale e quotidiana. C’è dunque un grande lavoro da fare, per vivificare e potenziare il rapporto tra fede e cultura. Questa era anche la sostanza del “progetto culturale” al quale, come CEI, abbiamo lavorato per parecchi anni». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino