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«Ma come, Diablo guadagna 200mila al mese e ti manda 2mila? Piange che non sta a fare nulla». Non avrebbe rispettato i patti Fabrizio Piscitelli, freddato al Parco degli Acquedotti il 7 agosto del 2019, gli accordi prevedevano il versamento di una percentuale sugli incassi stratosferici del narcotraffico. Un detenuto illustre: il boss Michele Senese. Ma in tanti, nei precari equilibri dei clan che si spartiscono le piazze dello spaccio, tra omicidi, vendette, doppi giochi e riscossioni di crediti, avevano motivi di rancore nei confronti di Piscitelli, cresciuto nel clan Senese e diventato in fretta un “potente” della mala. «Doveva essere fatto sei anni fa, non sapeva stare in mezzo alla strada», dice come emerge da un’intercettazione contenuta nell’informativa del nucleo Investigativo dei carabinieri e della Squadra Mobile, depositata al processo per l’omicidio di Diabolik. A parlare così è Fabrizio Mineo, figlio dell’avvocato e procuratore sportivo Camillo, appartenente alla stretta cerchia degli albanesi con i quali prende parte all’indagine per individuare i colpevoli dell’omicidio. Eppure dopo indagini durate pochi mesi, e le false piste, il boss albanese Elvis Demce e gli irriducibili individuano chi ha “ordinato” di uccidere Diablo. Per loro sono Giuseppe Molisso e Leandro Bennato. I laziali, già nel 2021, dicono di sapere anche chi sia il killer, e ne parlano descrivendo alcuni tratti di Esteban Calderon attualmente sotto processo per l’omicidio di Piscitelli. E a finire sul registro degli indagati, come mandanti, oltre a Molisso e Bennato e Alessandro Capriotti, l’uomo che doveva incontrare Piscitelli al parco del Acquedotti e che in passato il “Diablo” aveva tradito, adesso è anche il boss Michele Senese.
IL MOVENTE
«Guarda come hanno fatto Diablo. Esecuzione perfetta. Mafia», dice Mineo in un’intercettazione ed è l’ex giocatore della Lazio Alessandro Corvesi, poi coinvolto in un traffico di cocaina, a rispondere come l’omicidio sia stato preparato mesi prima nei minimi dettagli e con uno schema ben preciso.
LA VENDETTA
«Ste m... sono abituate a calare le orecchie e poi sparare agli amici dietro la testa, io orecchie non le calo e sparo in testa davanti», dice Demce parlando di Bennato e Molisso e pronto a vendicarsi. Ma il primo obiettivo degli albanesi è Bennato al quale il “principe” Matteo Costacurta sparerà due colpi all’addome nel novembre 2019. Il piano, però, fallisce, Bennato si salva e viene arrestato. Si pianifica, allora, l’omicidio di Molisso. Demce fa il doppio gioco, si avvicina a Molisso. Tenta di non tradire le sue intenzioni, che teme gli possano essere riferite. A febbraio 2021, la pianificazione dell’omicidio di Molisso entra nella fase esecutiva: albanesi e ultras cercano una casa a Grottaferrata, luogo di residenza dell’obiettivo, trovano una macchina “pulita” e installano telecamere davanti casa di Molisso in modo da monitorarne i movimenti. Dell’esecuzione devono occuparsi Costacurta, Alessio Lori, Demce e altri non identificati. La mattina dell’11 febbraio 2021 albanesi e ultras sono armati davanti casa di Molisso in attesa che il loro obiettivo esca. Ma arriva la polizia che deve confiscare la villa. La reazione di Demce emerge dalle chat: «Mannaggia non ci posso pensare a sta’ spia di m... Questo infame miracolato». E ancora: «Si è salvato questo indegno, balordo». E poi: «Oggi poteva essere il giorno buono, se questo sapesse dio come l’ha salvato io penso si pente e ringrazia le guardie. Mi sto sbattendo la testa al muro». Quando scoprono che Molisso non è stato arrestato ma la polizia aveva eseguito solo la confisca della casa, albanesi e laziali ripartono per colpire il loro obiettivo. Vogliono mettere un Gps all’auto di Molisso, per scoprire dove abita. Lo pedinano in palestra. Costacurta pensa di mettere in atto una vendetta trasversale. Alla fine Demce verrà arrestato e il piano naufraga.
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