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Liti, scontri che durano a lungo e delle quali, molte volte, finiscono per fare le spese i figli. Dopo 50 anni e molte polemiche, Inghilterra e Galles hanno cambiato la legge sul divorzio, eliminando il sistema basato sulla colpa. Finora il procedimento doveva essere consensuale: se a chiedere lo scioglimento del matrimonio era solo un partner c'era l'obbligo di dimostrare, appunto, la colpa dell'altro, a causa di adulterio, abbandono, violenze, gravi mancanze. E il processo poteva durare fino a 5 anni.
La rivoluzione scatterà dal 6 aprile ed è stata sancita dal Divorce Dissolution and Separation Act. Ma come funziona in Italia? Nel nostro Paese il divorzio con colpa non esiste, ma esiste la separazione con addebito. Una procedura che viene seguita nella minoranza dei casi - circa il 5 per cento -, ma che finisce per allungare a dismisura i tempi del procedimento e per provocare livelli di conflittualità e di stress molto elevati. Tanto che più volte si è discusso - anche con proposte di legge - di eliminare questo strumento d'azione.
LA PROCEDURA
In Italia, per divorziare, è necessario prima separarsi. In caso di separazione con addebito, che viene sancita da un giudice, oltre a venire meno alcuni obblighi derivanti dal matrimonio, come quelli di coabitazione sotto lo stesso tetto coniugale, di fedeltà, di collaborazione e di assistenza morale, decadono i diritti al mantenimento e quelli successori, cioè relativi all'eredità. L'addebito deve essere espressamente richiesto da uno dei due coniugi e spetta al magistrato valutarne l'applicabilità.
IL GIUDICE
Nel caso della richiesta di un addebito di responsabilità, il magistrato deve valutare anche se il comportamento di uno dei due coniugi abbia provocato la crisi della coppia. Non basta però che ci sia stata una violazione dei doveri imposti dal matrimonio: il giudice deve valutare caso per caso, verificando la presenza di un nesso causale tra la violazione e l'intollerabilità della convivenza. «Per esempio - spiega ancora l'avvocato Meliti - non basta che ci sia stato un tradimento per contestare un addebito nel caso in cui l'adulterio sia avvenuto all'interno di una coppia già in crisi, o già sfaldata». Anche l'avvocato Daniela Missaglia spiega che l'addebito è «un istituto di antica origine tutt'ora vigente, permette a un coniuge di procurarsi, nei confronti dell'altro, una sorta di lettera scarlatta, ossia la dichiarazione che la crisi matrimoniale sia a questi imputabile in virtù della violazione di uno dei doveri caratteristici del matrimonio. Ha importanza soprattutto quando rivolto alla moglie, perché questa può perdere il diritto ad avere il mantenimento, conservando solo il diritto agli alimenti». Si tratta di uno strumento, prosegue il legale, che ha una rilevanza «sempre più secondaria. Da molti anni si sono sollevate voci e proposte di legge per eliminarlo definitivamente, adeguandosi alla legislazione nordamericana e di tantissimi altri Paesi dove la fine del matrimonio può essere pronunciata senza accertare la colpa dell'uno o dell'altro. La percentuale di separazioni con addebito è minoritaria. Da un lato, prevalgono le separazioni consensuali, frutto di accordi fra i coniugi. Tra i procedimenti contenziosi, solo un numero residuo si conclude con la pronuncia di addebito».
Il Mattino