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I don't trust this hospital. «Non mi fido di questo ospedale», denunciava in un video la dottoressa Susan Moore durante il ricovero negli Usa, nello stato di Indiana: la foto simbolo che sta facendo il giro del mondo è quella di lei, a letto, con un tubo dell'ossigeno collegato al naso. «Non è così che si trattano i pazienti». La donna, 52 anni e un figlio di 19, era in cura per Covid-19 presso l'Indiana University Hospital North, ed è morta a causa del virus questa settimana. All'inizio di dicembre aveva pubblicato un video su Facebook in cui sosteneva di non ricevere cure mediche adeguate «perché sono nera». Accuse pesanti di razzismo. Il video negli Usa è diventato virale e la vicenda è diventata un caso nazionale.
La Moore era risultata positiva al coronavirus il 29 novembre con sintomi gravi, come febbre alta, respirazione affannata e addirittura tosse con sangue. Aveva raccontato la dura battaglia che aveva dovuto affrontare per ottenere cure da medici e «infermieri bianchi» in ospedale, inclusa «l'elemosina per ottenere il farmaco antivirale Remdesivir» e l'attesa per ore per i normali farmaci antidolorifici. Oltre alla la richiesta di una Tac al torace per dimostrare che il suo dolore fosse reale.
«La scansione ha rilevato gravi problemi ai polmoni e linfonodi infiammati», aveva detto, ma «attendo da ore i farmaci antidolorifici. Tutto quello che so è che provo un dolore intenso», spiegava Susan in questo video straziante, aggiungendo che il dottore «ha minimizzato il mio dolore. Mi ha fatto sentire come se fossi una tossicodipendente, e sapeva pure che ero un medico». Susan aveva anche chiesto di essere trasferita in un altro ospedale, ma le fu detto che, al massimo, poteva tornare a casa. «Questo è il modo in cui i neri vengono uccisi», denunciava la Moore.
«Sostengo che se fossi bianco, non avrei passato tutto questo: il dottore non si è mai scusato», recitava ancora nel video. Alla fine Susan fu rimandata a casa, ma meno di 12 ore dopo ebbe un picco di febbre e la sua pressione sanguigna precipitò, così tornò in ospedale. «Quelle persone stavano cercando di uccidermi.
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Il Mattino