La maggioranza assoluta dei seggi resta lontana e verosimilmente non andrà al governo, ma il nuovo Sinn Fein a trazione femminile di Mary Lou McDonald è da oggi un...
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Il macchinoso meccanismo di voto - sullo sfondo di un sistema proporzionale trasferibile, con indicazioni delle seconde e terze preferenze - non permetterà d'avere un risultato consolidato prima di domani e la proclamazione ufficiale più in là. Ma l'anticipazione dell'exit Ipsos-MRBI (22,4% al partito di Varadkar, 22,3 a quello della McDonald, 22,2 a quello di Martin) segnala un eclatante pareggio virtuale a tre, con distacchi statisticamente irrilevanti.
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O come Cork, dove un outsider poco noto sembra lasciarsi clamorosamente alle spalle sia Martin, numero uno del Fiamma Fail e pretendente premier; sia Simon Coveney, numero due dei Fine Gael, ministro degli Esteri del governo Varadkar e protagonista dei negoziati sulla Brexit con Bruxelles e Londra. Risultati resi possibili, stando a numerosi analisti, soprattutto dalla piattaforma sociale ed economica di sinistra radicale proposta dallo Sinn Fein su temi sensibili come sanità o caro alloggi, in nome della lotta a quelle disuguaglianze che il rilancio del Pil e dei dati sull'occupazione di questi anni non è riuscito a stemperare e a colpi d'invocazioni a una maggiore spesa pubblica in stile corbyniano. E meno dal fatto di aver innalzato da sempre la bandiera del sogno dell'unificazione con l'Irlanda del Nord: obiettivo rischioso che del resto tutti i partiti repubblicani condividono sulla carta, e che McDonald rinvia a un referendum di là da venire, da chiedere entro 5 anni se i contraccolpi della Brexit dovessero davvero avvicinarlo. Rimane in ogni modo da vedere, numeri definitivi alla mano, quale governo si potrà formare nel prossimo Dail, il parlamento di Dublino secondo la denominazione gaelica. L'ipotesi più plausibile è ancora quella di un qualche accordo tra i vecchi rivali quasi gemelli del Fine Gael e del Fianna Fail, imposto dalla necessità. Ma bisognerà vedere guidato da chi. Sempre che non si renda obbligatorio il ricorso ai partiti minori (Verdi, Laburisti, Socialdemocratici). O che la conventio ad excludendum ribadita in campagna elettorale sia da Varadkar sia da Martin contro lo Sinn Fein non finisca per traballare: come qualche commentatore inizia già a ventilare.
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Il Mattino