L'Everest diventa una cima maledetta, sette morti in una settimana: «Troppo affollata»

Primavera nera sull'Everest. A pochi giorni dall'inizio della stagione più amata dagli scalatori sono già dieci quelli che hanno perso la vita sul tetto del...

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Primavera nera sull'Everest. A pochi giorni dall'inizio della stagione più amata dagli scalatori sono già dieci quelli che hanno perso la vita sul tetto del mondo a causa di malori legati all'altitudine. E montano le polemiche sullo sfruttamento della montagna da parte delle autorità del Nepal dopo la pubblicazione su Instagram di una foto, diventata presto virale, che ritrae oltre 300 scalatori in coda per raggiungere la vetta accedendo un faro sui pericoli del traffico ad alta quota.


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Il britannico Robin Fisher, 44 anni, è l'ultima vittima. Si è accasciato oggi, durante la discesa, a soli 150 metri dal picco della montagna. Anche lo sherpa che lo accompagnava ha avuto un malore ma è riuscito ad arrivare ad un campo base dove è stato soccorso. Non ce l'ha fatta, invece, l'irlandese Kevin Hynes, 56 anni, morto venerdì sul versante tibetano della montagna. Dopo aver raggiunto quota 8.300 metri, Heynes era tornato indietro il giorno seguente, accompagnato dall'esperta guida Dawa Sangee. La società per cui lavorava, la britannica 360 Expeditions, lo ha definito «uno degli scalatori più forti ed esperti del nostro team».

Di grande esperienza era anche l'indiano Anjali Kulkarni, 55 anni: 25 anni sulle vette del mondo, aveva già scalato il Kilimanjaro in Tanzania e il Monte Elbrus in Russia. E per conquistare l'Everest si era addestrato per sei anni. In una delle settimane più cupe per gli appassionati, hanno perso la vita altri tre scalatori indiani, un austriaco, un nepalese, un americano e un altro irlandese, di cui però non è stato trovato il cadavere.

Alpinisti con storie diverse alle spalle ma con un'ambizione comune. E, purtroppo, una fine comune, perché per almeno quattro dei decessi c'è la certezza che siano stati causati dal mal di montagna. C'è chi punta il dito contro le autorità nepalesi per aver rilasciato troppi permessi per la bella stagione provocando un sovraffollamento dei sentieri e rendendo quindi ancor più difficile l'ascesa con file lunghe fino a due ore. Secondo gli esperti, ad un'altezza di 8.848, in ogni respiro c'è un terzo dell'ossigeno rispetto a quello che si trova al livello del mare. Il corpo umano, inoltre, si deteriora più rapidamente e può sopravvivere a quelle altitudini solo pochi minuti.

 

Nella foto che ha fatto il giro del web si vedono circa 320 persone presenti contemporaneamente in un punto noto, secondo l'autore dello scatto Nirmal Purja, come «la zona della morte». Il capo dell'ufficio del turismo nepalese Danduraj Ghimire ha definito «senza senso» le voci secondo le quali tra le cause di morte degli scalatori potrebbe esserci il sovraffollamento della cima e i tempi lunghissimi per raggiungere la vetta. Ma i numeri parlano chiaro: da fine aprile, inizio della stagione primaverile per le scalate, sono stati venduti ben 381 permessi al prezzo di 11.000 dollari l'uno.


Inoltre le cattive condizioni del tempo hanno reso la finestra di possibilità per le scalate ancora più limitata, causando una concentrazione di partenza in questi giorni. Morire sull'Everest non è inusuale. Dal 2016 al 2018 si sono contate 17 vittime tra gli scalatori. Per tentare un'impresa tanto grande quanto rischiosa. Come l'americano Donald Cash, 55 anni, che aveva lasciato il lavoro di manager per conquistare le sette cime, le montagne più alte in ciascun continente. Nell'ultimo messaggio mandato prima di morire ad uno dei suoi quattro figli, quando era riuscito a raggiungere il punto più alto dell'Everest, aveva scritto: «Mi sento così fortunato ad essere sulla montagna che ho sognato per 40 anni».
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Il Mattino