Facebook «gangster digitale»: Zuckerberg di nuovo sotto attacco per la privacy

Facebook «gangster digitale»: Zuckerberg di nuovo sotto attacco per la privacy
Facebook è un «gangster digitale». In altre parole, un delinquente del web. L’accusa è...

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Facebook è un «gangster digitale». In altre parole, un delinquente del web.


L’accusa è gravissima, tocca il nervo già scoperto della privacy e giunge questa volta dal Regno Unito. Un gruppo di legislatori inglesi, infatti, punta il dito dritto contro Mark Zuckerberg e i suoi per aver «ripetutamente, scientemente e volontariamente» violato i dati di milioni e milioni di utenti.

Il Parlamento di Londra era riuscito nel novembre scorso ad ottenere il fascicolo contenente una serie di comunicazioni interne all’azienda. Documenti che, stando alla nota ufficiale pubblicata dal Comitato Digitale, Cultura, Media e Sport, inchiodano il colosso dei social media.

Informazioni riservate inoltrate, senza alcun permesso, agli sviluppatori di app.



Un quadro torbido, reso ancor più critico da ciò che si evince dal report: una vera e propria pratica e non una “banale” eccezione.

In casa Facebook, addirittura si studierebbero i meccanismi per forzare le impostazioni di sicurezza dei profili degli iscritti, in particolare facendo leva su dei vuoti legali che consentano di mettere le mani sui preziosi dati.

Non solo.

Il Comitato è andato persino oltre, dimostrando che il gigante californiano da 500 miliardi di dollari e 30mila dipendenti, sia in qualche modo solito «affamare» le applicazioni che intende far chiudere e viceversa «alimentare» tutte le altre in cui crede (o in cui investe) affinché crescano a scapito della concorrenza.

Concorrenza sleale, infine, è un altro dei j’accuse sul tavolo.

Ennesima tegola per la “F” bianca più famosa della rete, che muove ogni giorno due miliardi e mezzo di utenti in tutto il mondo.

E che, alla notizia d’oltreoceano, si prepara a rispondere con un nuovo tonfo in borsa.
Zuckerberg incassa, insomma.

Questa volta, però, non soldi, ma un pugno in pieno stomaco.

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Il Mattino