Finite le vacanze, le città del Sud si svuotano: «La questione meridionale non è stata mai risolta»

I «bastimente pe terre assaje luntane» immortalati nelle canzoni degli anni '20 sono stati sostituiti dalle linee dei treni ad alta velocità e dagli aerei

Torna la questione meridionale
Con la fine delle vacanze natalizie le città del sud si sono svuotate nuovamente. Migliaia di meridionali «scesi al Sud» per il periodo festivo sono ritornati...

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Con la fine delle vacanze natalizie le città del sud si sono svuotate nuovamente. Migliaia di meridionali «scesi al Sud» per il periodo festivo sono ritornati al Nord o sono rientrati all'estero, lasciandosi dietro parenti, amici e affetti. Ogni anno il tema dello spopolamento del Sud a vantaggio delle regioni settentrionali torna di prepotente attualità e con numeri sempre più impietosi. Secondo le ultime stime, infatti, negli ultimi quindici anni circa due milioni di meridionali hanno abbandonato il sud in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori. Un numero spaventoso che, però, la dice lunga sulle attuali condizioni socio-economiche che si registrano a sud di Roma. Come se, per avere un paragone, ogni quattro anni una città di medio-grandi dimensioni sparisse dal Mezzogiorno. 

Mancanza di investimenti, mancanza di lavoro, sfiducia nelle istituzioni e, tema degli ultimi anni, un impressionante calo delle nascite stanno rendendo il sud un vero e proprio deserto dal punto di vista demografico ed economico. La forbice tra produttività del nord e del sud continua a crescere per un fattore determinante: la stragrande maggioranza dei meridionali che emigrano al nord, infatti, sono under 35, diplomati o laureati e con esperienza lavorativa. In città come Milano, Brescia, Bergamo, Verona, Torino, Parma o Piacenza - solo per fare alcuni esempi - i meridionali che lavorano in settori come il trasporto pubblico o i servizi ospedalieri sono la quasi totalità della forza lavoro. E, dato ancora più sconcertante, chi parte dal sud e trova lavoro al nord difficilmente riesce a tornare alla propria terra di origine. 

Uno stillicidio che i governi che si sono succeduti in questi anni hanno tentato di contrastare prima con gli ancora teorici stanziamenti del Pnrr e poi con l'istituzioni delle Zes - le Zone Economiche Speciali - che dovrebbero attrarre investimenti e, quindi, creare posti di lavoro. Ma ad oggi i provvedimenti non hanno ancora dimostrato alcuna efficacia nel contrastare un fenomeno che sta letteralmente privando il sud della sua identità. A Napoli la quasi totalità delle attività commerciali dedicate al turismo sono a conduzione familiare e non producono posti di lavoro se non in settori limitati come la ristorazione. In ogni caso si tratta di lavori stagionali, concentrati nel periodo natalizio o nel periodo estivo. E in queste condizioni per un giovane è difficile - se non impossibile - poter pensare di creare una famiglia e, magari, di accedere ad un mutuo-casa

«In 15 anni - spiega il responsabile del Movimento Neoborbonico giovanile Emilio Caserta - come riportato da Svimez, sono partiti due milioni di cittadini dal Sud e come ricorda spesso il presidente del Movimento Neoborbonico, Gennaro De Crescenzo, la questione meridionale entro cinquant’anni sarà risolta perché non ci saranno più i meridionali. Sicuramente il tipo di emigrazione è cambiata rispetto al ‘900, è più facile tornare di frequente, ci si sente quotidianamente ma non è la stessa cosa, e anche la concezione dell’emigrazione meridionale sta cambiando. Mentre da dopo l’Unità d’Italia si partiva con il cappello in mano ringraziando la terra ospitante, e talvolta denigrando la propria, oggi si parte carichi di rabbia per aver capito che il Sud è il derubato e non il ladro, quasi con la sensazione di impotenza, ma nello stesso tempo consci delle grandissime potenzialità che hanno queste terre. I protagonisti della rinascita del Sud - continua Caserta - non è detto che debbano essere solo coloro che rimangono, anzi: ormai i meridionali hanno letteralmente conquistato il mondo, così come è più facile acquistare i prodotti dalla propria terra e farseli spedire fino a casa, ci sono anche milioni di turisti che vengono in Italia per conoscere le bellezze raccontate dai nostri emigranti». 

E così i «bastimente pe terre assaje luntane» immortalati in celeberrime canzoni degli anni '20 sono stati sostituiti dalle linee dei treni ad alta velocità e dagli aerei che ogni anno, a gennaio e a settembre, riportano al Nord i figli di un Mezzogiorno tradito.

Per la verità in questi ultimi anni qualcosa si sta muovendo: basti pensare alla nascita di movimenti come Sii turista della tua Città, al progetto che prevede la nascita di un'Accademia delle Eccellenze, magari all'interno degli spazi di palazzo Fuga, o alla campagna Comprasud che vede schierati in prima fila i ragazzi della Bottega Due Sicilie. Sforzi generosi che, se supportati adeguatamente dalla politica cittadina, potrebbero dare un fondamentale contributo alla creazione di un circolo virtuoso e, magari, alla nascita di nuove opportunità per consentire ai giovani meridionali di non dover più abbandonare la loro terra.

Ma la politica partenopea, si sa, da ormai troppi anni è impegnata a stilare report in cui si magnificano i numeri del turismo che invade la città o, sull'altro lato della barricata, a criticare la massiccia presenza di turisti che stanno letteralmente espellendo i napoletani dal centro storico.

E così, dal 1861, a Napoli, Palermo, Messina, Catania, Salerno, Avellino, Benevento e in miriadi di altre città e paesini meridionali si continuano a fare le valigie, lasciandosi dietro una scia di ricordi, di rimpianti e di speranze di ritornare che, nella stragrande maggioranza dei casi, svaniranno col tempo, fino a trasformarsi in rassegnazione, in rabbia e persino in invidia nei confronti di chi è riuscito a costruire la propria vita senza dover emigrare.

Una curiosità che, però, è una vera cartina tornasole del fenomeno migratorio che dall'unità d'Italia interessa la Capitale del Mezzogiorno: la città con più napoletani del mondo non è Napoli. Il capoluogo partenopeo, infatti, è solo al quinto posto nel mondo per numero di napoletani residenti, preceduta da San Paolo, in Brasile, da Buenos Aires, da Rio de Janeiro e da Sydney.  

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Il Mattino