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Cinque miliardi e mezzo: questo è il conto, per il solo 2022, delle risorse della legge di Bilancio bloccate in attesa dei decreti attuativi. Si tratta di capitoli chiave, dalla sanità, al contrasto al cambiamento climatico, fino all’assistenza ad anziani e disabili. Il problema delle norme di legge che restano sulla carta, perché non sono state scritte in modo da essere immediatamente operative, non è certo una novità assoluta; ma diventa più ingombrante quando le norme si accumulano, in tempi di emergenze sanitarie ed economiche. E soprattutto quando poi in questa situazione arriva una crisi di governo con conseguente fine della legislatura.
L’ACCELERAZIONE
Per la verità nei mesi scorsi il governo di Mario Draghi aveva impresso un’accelerazione all’attuazione del programma, facendosi carico anche di molti interventi che i precedenti esecutivi avevano lasciato da completare. A fine marzo, il sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli aveva annunciato lo “smaltimento” di 955 provvedimenti di questa legislatura e della precedente: nella maggior parte dei casi erano stati messi effettivamente nero su bianco, ma in altri si era valutato di sopprimere (e quindi abbandonare) riferimenti legislativi non più attuali. Il fatto però è che soprattutto in tempi difficili si continuano a produrre norme, le quali inevitabilmente comportano ulteriori adempimenti.
Nei giorni scorsi risultavano ancora da adottare quasi 300 provvedimenti del governo tuttora in carica, ai quali ne vanno aggiunti circa 150 dei due precedenti esecutivi di questa legislatura.
Tornando alla legge di Bilancio, essa contiene per sua natura una mole considerevole di risorse. Che si saldano stavolta a quelle connesse al disegno riformatore del Pnrr, ma solo in parte sono immediatamente disponibili. Ecco quindi che i ritardi si traducono in mancata erogazione di risorse: questo è il motivo per cui il governo intendeva (ed intende) accelerare proprio su questo fronte, dando la priorità ai relativi adempimenti.
LA POSTA IN GIOCO
La posta in gioco è alta, anche limitandosi ad osservare le voci di spesa relative al 2022. La manovra includeva ad esempio ben due miliardi destinati all’ammodernamento di una serie di strutture sanitarie, da ripartire tra le Regioni (il provvedimento dovrebbe essere in dirittura d’arrivo). Ma in tema di sanità ci sono anche 860 milioni per la scorta nazionale di dispositivi di protezione individuale: dunque una misura connessa all’emergenza pandemica. Vale 840 milioni il Fondo italiano per il clima, una dotazione di cui basta il nome a segnalare l’urgenza. I Comuni invece hanno a disposizione - ma per il momento solo sulla carta - 300 milioni da destinare a progetti di rigenerazione urbana, i cui obiettivi sono ridurre i fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale e migliorare la qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale. Devono aspettare un provvedimento la cui scadenza era fissata allo scorso 30 giugno. Cento milioni sono destinati all’assistenza agli alunni disabili e altrettanti agli anziani non autosufficienti. Ci sono poi una miriade di micro-voci, alcune delle quali hanno però una certa importanza per gli interessati: è il caso dei dieci milioni destinati a compensare i proprietari di case che di fatto non ne hanno la disponibilità a causa delle occupazioni abusive: il testo che li riguarda doveva vedere la luce entro l’inizio di marzo.
GLI ANNI SUCCESSIVI
Il totale per il 2022 sfiora appunto i 5,5 miliardi. Ma se si sommano le risorse stanziate per gli anni successivi e ugualmente in attesa di sblocco si superano i 10 miliardi solo per il triennio 2022-2024. Un conto imponente che non sarà facile ridurre, nonostante l’indicazione del presidente del Consiglio di portare avanti in questo scorcio di legislatura anche i provvedimenti in sospeso. Quello che avanzerà, se lo ritroverà in eredità l’esecutivo che si insedierà dopo le elezioni del 25 settembre.
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Il Mattino