Foto rubata, carabinieri nel mirino: indagato chi ha messo la benda

Foto rubata, carabinieri nel mirino: indagato chi ha messo la benda
Sulla foto incriminata ora scende in campo anche la procura militare. Un fascicolo di inchiesta è stato aperto dal procuratore Marco De Paolis che vuole accertare se siano...

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Sulla foto incriminata ora scende in campo anche la procura militare. Un fascicolo di inchiesta è stato aperto dal procuratore Marco De Paolis che vuole accertare se siano stati commessi dei reati nelle fasi successive all'arresto dei due giovani americani.


Nel frattempo, continua a creare polemica lo scatto nel quale si vede Gabriel Christian Natale Hjorth con gli occhi bendati e le mani legate dietro la schiena. La testa china, immobile.
 
La decisione presa da un sottufficiale che è ritratto anche lui nella foto (in borghese, maglia e pantaloni neri), gli è costata l'iscrizione sul registro degli indagati da parte della procura di piazzale Clodio che gli contesta l'abuso dei mezzi di costrizione e intende sentirlo a breve. L'uomo ha già ammesso la sua responsabilità pur cercando giustificazione nel fatto che in quella stessa stanza ci fossero monitor con immagini riferite ad alcune indagini in corso. Qualcosa che non voleva far vedere all'americano.

Una difesa che non è piaciuta al Comando generale dell'Arma che ha subito deciso di trasferirlo a un incarico non operativo. Mentre i magistrati stanno valutando se prendere provvedimenti anche nei confronti degli altri due militari in divisa che si vedono nella foto, probabilmente provenienti dalla caserma di piazza Farnese e quindi colleghi di Mario Cerciello Rega e di Andrea Varriale.

Inoltre le indagini dei carabinieri sono sempre più vicine all'autore dello scatto sotto accusa. Dopo una riunione che si è svolta ieri dal procuratore Prestipino è stata circoscritta una cerchia di persone e si stanno verificando tutti i tabulati telefonici dei presenti in quelle ore in via In Selci. Inizialmente si era pensato che l'immagine fosse stata ripresa da qualcuno seduto dietro una delle scrivanie laterali, ma questa ipotesi è stata esclusa perché, pare che non ci fossero altre persone all'interno, mentre la stanza affaccia su un terrazzino di passaggio. Ed è da lì che il fotografo potrebbe aver agito dopo essersi fermato a vedere cosa stesse accadendo. Quello che la procura sospetta, però, è che dietro questa diffusione dell'immagine, ci possa essere la volontà di danneggiare uno dei comandanti. Un altro aspetto sul quale si sta investigando.

È stato smentito, invece, che Finnegan Lee Elder possa aver avuto lo stesso trattamento dell'amico: «Non è stato assolutamente bendato e legato - ha dichiarato il comandante provinciale Francesco Gargaro - Sono stati svolti accertamenti che hanno escluso questa possibilità». I militari hanno spiegato che a Finnegan, è stato concesso, così come all'altro indagato, di effettuare una chiamata alla famiglia. Gabriel, l'italo-americano il cui padre era a Roma con lui, non ha avuto risposta, mentre Elder ha parlato al telefono con la mamma in America utilizzando il canale Facetime. Farfugliando parole poco comprensibili, ha cercato di mettere una dietro l'altra frasi sensate che potessero spiegare la sua notte di follia. La mamma sarà a breve in Italia per vederlo.

«Accerteremo i fatti senza alcun pregiudizio e con il rigore già dimostrato da questa procura in altre analoghe vicende», ha puntualizzato il procuratore Prestipino. L'immagine del ragazzo potrebbe anche diventare un prezioso strumento in mano alle difese. Su quanto avvenuto nella tarda serata del 26 luglio nella caserma anche ieri la Procura ha ribadito che i due «indiziati sono stati individuati e interrogati dai magistrati nel rispetto delle regole. Gli interrogatori sono stati effettuati con tutte le garanzie difensive, alla presenza dei difensori, dell'interprete e previa lettura di tutti gli avvisi di garanzia previsti dalla legge».


E ai giornalisti americani presenti alla conferenza stampa che evocavano la vicenda di Amanda Knox, Prestipino ha puntualizzato: «Siamo a Roma, la procura di Roma è abituata a trattare indagati di qualsiasi nazionalità ed etnia in continuazione. Per noi i cittadini di fronte alla legge sono tutti uguali». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino