«I nostri elettori non perdonerebbero quelli che distillano il veleno della divisione». Francois Fillon, ormai avvezzo alla battaglia, ha domato il partito che voleva...
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Gli hanno rimproverato che i francesi da convincere per arrivare all'Eliseo sono 18 milioni e non 40.000, ma Fillon - forte del voto popolare - ha rammentato a tutti, già da ieri sera, che «nessuno, nemmeno il partito, può destituire un candidato scelto dagli elettori». L'ufficio politico dei Républicain sembrava, ancora ieri, un organo che dovesse decidere la sorte di Fillon. Il quale ha rotto gli indugi e si è presentato fra i primi alla riunione, affermando che «non esiste alcun piano B». E che «è ora che tutti tornino alla ragione». Il fatto che, in mattinata, Juppé abbia annunciato - pur con parole durissime contro Fillon - che lui «non è in grado» di rappresentare un'alternativa, è stato per il candidato «la prova che non è mai esistita alcuna alternativa».
Secondo il documento finale dell'ufficio politico, che ha «rinnovato» la fiducia a Fillon, il candidato si sarebbe impegnato ad «adottare iniziative per unificare» una destra che in queste ore è apparsa sull'orlo della spaccatura. «Abbiamo perso troppo tempo in inutili discussioni - li ha incalzati Fillon - lasciando campo libero all'estrema destra e ai candidati della sinistra che si fregano le mani guardando le nostre divisioni. Adesso è ora, per tutti, di fare campagna elettorale e di ricostruire un'alternativa credibile». Ormai stratega senza avversari, Fillon è arrivato ad affermare, nel suo discorso - citato da personalità presenti - che dopo le sue «aperture» di ieri ci si sarebbe potuti attendere un passo avanti di Juppé. Ma siccome il sindaco di Bordeaux non lo ha fatto, «il discorso è chiuso».
Resta da capire come rilanciare - ora - i sondaggi che sono in picchiata, con Fillon sceso al 17% ed Emmanuel Macron a un punto da Marine Le Pen (25% e 26%).
Il Mattino