Matteo Renzi era a Milano quando è stato raggiunto dalla notizia della condanna dei suoi genitori. Per prima cosa, naturalmente, ha chiamato il padre Tiziano e la mamma...
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La prova, a giudizio dell'ex premier e dell'avvocato difensore Federico Bagattini, è che il pm Christine von Borries ha chiesto il minimo della pena: «Forse perché pensava che la prova» contro i genitori di Renzi ha teorizzato Bagattini, «non fosse così imponente da meritare una sanzione proporzionata alla gravita del fatto esposto nel capo di imputazione: non si sta discutendo di una fattura di 5 euro, ma di un complesso di 160 mila euro. E chiedere il minimo della pena manifesta questa insicurezza di base sulla prova».
Una tesi che conferma i sospetti di Renzi: hanno fatto un processo in sei mesi e l'hanno fatto su una cosa che non esiste. L'ex premier, in ogni caso, non ha intenzione di andare alla guerra con la magistratura: la parola d'ordine resta quella di sempre, attesa e rispetto. Rispetto per i giudici e attesa, come tutti i garantisti, per la sentenza definitiva. Una linea confermata nell'unica dichiarazione pubblica uscita dallo stato maggiore di Italia viva: «Massimo rispetto per la giustizia, come sempre», ha dichiarato il coordinatore Ettore Rosato, «noi rispettiamo i giudici e aspettiamo le sentenze definitive, quelle della Cassazione».
Renzi, infatti, è convinto che il giudizio del Tribunale di Firenze verrà modificato probabilmente già nel giudizio di appello. Ma sicuramente dalla Suprema Corte. Perché, appunto, la cosa non esiste, ne è più che certo: «In un mondo normale», dicono nell'entourage dell'ex premier, «senza che ci sia evasione fiscale accertata, sarebbe scattata solo una multa. Non una condanna».
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Il Mattino